Negli ultimi anni gli
Hideous Divinity sono riusciti a conquistarsi un posto di assoluto rilievo nel panorama death metal internazionale grazie ad una proposta di ottima qualità, una buona promozione mediatica e, soprattutto, attraverso decine e decine di concerti che li hanno portati ad esibirsi dai piccoli club ai grandi festival, spalla a spalla con band di altissimo livello (vedi, ad esempio, l'ultimo tour europeo con Cannibal Corpse). Battere il ferro e crederci sempre.
Portabandiera di un brutal-death metal tipicamente italiano (no, niente robette fanfarose stile ultimi Fleshgod Apocalypse, ma fatto di cattiveria, grande tecnica, velocità e pulizia esecutiva) gli
Hideous Divinity prima di scrivere nuovo materiale devono essersi trovati ad un punto di non ritorno: o andare sul sicuro e comporre un altro disco in stile "death metal italiano", oppure cambiare qualcosa, spingersi in una direzione diversa.
Ascoltando il nuovo
Adveniens è facile intuire come la seconda strada sia quella scelta dalla band. Nello specifico, sono individuabili tre nomi principali che hanno fortemente influenzato questo lavoro: Hate Eternal, Nile e Behemoth. Lo stile della band guarda ora fortemente verso gli Stati Uniti, il riffing e le strutture dei nuovi pezzi sono strettamente imparentate a quelle delle band di
Eric Rutan e
Karl Sanders, pur senza l'odioso effetto copia-incolla. Gli
Hideous Divinity reinterpretano il death metal americano con il loro stile, aggiungendo all'interno delle canzoni porzioni rallentate, arpeggi e mid tempo che garantiscono una buona dose di solennità mutuata dalla lezione di
Nergal e soci. I suoni sono perfetti, puliti e potenti (16th Cellar Studio, of course) ed è un piacere essere sbattuti come una banderuola al vento sotto i colpi della band mentre si segue l'evolversi della storia narrata. Le canzoni (come nel precedente
Cobra Verde) sono infatti legate tra loro da un concept molto articolato in grado di unire unisce il film
Videodrome di Cronenberg e la poesia.
Per avere qualche informazione in più e per non fare errori, ho contattato direttamente
Enrico Schettino (chitarra) che prova a spigarci in maniera semplice l'idea che sta dietro ad
Adveniens:
L'interno concept del disco ha una duplice anima, letteraria e cinematografica. Da una parte il lavoro di [I]Walter Benjamin nell’era della riproduzione meccanica dell’arte e della visione messianica della storia, dall’altra il genio di Cronenberg in “Videodrome”, il videocirco dal quale lo spettatore passivo non è in grado di uscire, e così diviene vittima di un’infezione: il futuro desensibilizzante nel quale tutti siamo assuefatti al nuovo linguaggio della violenza. Non ci interessava francamente insistere troppo sulla parte neo-anatomica presente in ogni suo film: l’aspetto profetico di quello che sarebbe stato il suo, il nostro futuro, reso in maniera così sorprendente, meritava a nostro avviso di essere l’elemento centrale.
Così come Benjamin vedeva la storia (anche futura) come un susseguirsi di rovine fumanti spazzate dal vento del tempo, in perpetua attesa di futura redenzione, allo stesso modo Cronenberg profetizzava un futuro dominato dal tubo catodico nel quale si parla di “brutalità socialmente utile”. In una maniera o nell’altra, Benjamin e Cronenberg sono i due profeti, gli Angeli Novi: Benjamin prevedeva l’avvento di Cronenberg e di altri visionari come lui, Cronenberg prevedeva il futuro in cui “… presto tutti noi avremo nomi speciali, creati appositamente per far risuonare il tubo catodico”.[/I]
Cronenberg è quindi una sorta di oracolo, un preveggente del nostro tempo. Quello che è poi idealmente rappresentato sulla copertina: l'Angelus Novus dei profeti malinconici.
Questa spiegazione era dovuta, visto il grande lavoro fatto sui testi, sulla musica e sull'immagine del disco. Tutti elementi, perfettamente curati, che immergono l'ascoltatore all'interno di
Adveniens, un disco meno oppressivo e soffocante del precedente, più snello nella costruzione dei riff e nelle strutture, con un utilizzo di un range vocale più ampio. Sicuramente parliamo di un album che si fa ascoltare in maniera più facile (pur rimanendo cattivo, beninteso), adatto ad una platea più ampia e non per forza ristretto ai seguaci del brutal-death intransigente.
Se questo sia un bene o un male lo lascio giudicare a voi, certamente ha tutti i crismi per piacere.