I
MindMaze hanno un unico, terribile difetto: esagerano. Si adoperano per comporre un concept album incentrato sulla perdita e sui meccanismi legati a essa (colpa, vergogna, assenza), citano Dream Theater, Queensrÿche, Iron Maiden e Savatage come band di riferimento (e le influenze si sentono tutte), ma "trasudano amor proprio" e non hanno quel senso della misura che gli permetterebbe di fare un bel balzo in avanti in termini di efficacia...
L'introduttiva
"Reverie" rimanda all'incipit di
"Scenes From A Memory", prima di sfociare nel power-prog più ruffiano e sugnoso che si possa immaginare. In
"Fight The Future", sulla stessa lunghezza d'onda, fa il suo ingresso la cantante
Sarah Teets (un po' fuori luogo, in un contesto così roccioso e "maschio"), prima di un altro intermezzo strumentale dalla spiccata componente sinfonica (
"In This Void").
"Drown Me" riecheggia
"These Walls", altro brano del sopraccitato quintetto di New York, ma è un brano lungo e sfaccettato dove, tra rimandi interni e sonorità meno scontate, vengono alla mente anche i progster di Seattle.
"Sign Of Life" e
"Abandon" tributano in modo abbastanza palese Iron Maiden e Metallica (nella prima c'è anche un solo di basso decisamente ispirato a
Steve Harris), anticipando un altro brano strumentale dal titolo
"Sanity's Collapse", un po' Savatage, un po' Trans-Siberian Orchestra.
"One More Moment" vorrebbe essere una power-ballad, ma come accennato in apertura, tende a strafare e risulta poco riuscita. Va meglio con
"Twisted Dream" (spaccaossa quanto basta grazie ai riff serrati di
Jeff Teets) e con la seguente
"True Reflection", classico brano da headbanging forsennato che nella parte strumentale si perde in qualche cliché di troppo (ascoltare per credere). L'attacco di
"Shattered Self" è talmente thrash da suonare quasi punk, ma ci pensano il break e il ritornello a far tornare la band su binari a lei più congeniali.
"Release" potrebbe rimandare a
"Silent Lucidity", ma per l'ennesima volta il combo ci tiene a sottolineare che suona metal e butta tutto alle ortiche con distorsioni, a mio avviso, evitabili. Quando arriviamo a
"The Path To Perseverance" siamo stremati, ammettiamolo: il piglio può ricordare i Kamelot, così come il break pianistico, ma i dodici minuti della traccia suonano prolissi ancor prima che apprezzabili.
"Resolve" è un disco come tanti, né bello né brutto, fatto per piacere a chi ascolta certa musica e non per sorprendere: a voi decidere se questo è un punto a favore o meno...
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