Copertina 7

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:48 min.
Etichetta:Mascot Label Group

Tracklist

  1. CARE
  2. STAIN ON THE SUN
  3. WATER
  4. STOP
  5. PERFECT LINES (FLYIN')
  6. MR. MAN
  7. MEMPHIS
  8. GHOST TOWN
  9. HEAVEN
  10. PERMANENT HOLD
  11. FALLEN
  12. STRONG BELIEF

Line up

  • Ty Tabor: guitar, keyboards, vocals
  • Rod Morgenstein: drums, keyboards
  • John Myung: bass, moog, chapman stick

Voto medio utenti

Con colpevole ritardo ci accingiamo a recensire questo quarto, atteso capitolo dei The Jelly Jam, super-trio formato da Ty Tabor (King's X), Rod Morgenstein (The Dixie Dregs) e John Myung (Dream Theater).

Da sempre (e volutamente) "fuori dagli schemi", non nascondo di non essere mai andato "in brodo di giuggiole" per la loro proposta, fatta a mio avviso di composizioni non sempre all'altezza dei nomi coinvolti e sopra riportati.

Questo "Profit", un concept sulla vicenda di "un profeta" in viaggio per salvare il mondo da sé stesso, scombina ancora una volta le carte in tavola con il suo mix di tracce brevi, essenziali, più vicine all'alternative rock o al grunge che alla musica che ci si aspetterebbe da tre pesi massimi del prog e della fusion. L'incipit soffuso di "Care" è ingannevole, dato che le chitarre dalle armonie ruvide di Tabor non si lasciano attendere, con un piglio "sanguigno" enfatizzato dalla produzione "ultra-natural" e per niente artefatta (sempre a cura del chitarrista). Le atmosfere wilsoniane di "Stain On The Sun" preludono a "Water", brano tanto spacey/bluesy quanto rock, con il Taurus di Myung protagonista. I ritmi rimangono sostenuti con la successiva "Stop", prima dell'interessante "Perfect Lines", giocata sul contrasto tra strofe cervellotiche e ritornelli molto ariosi e melodici, con riusciti inserti tastieristici e curiosi incastri ritmici. "Mr. Man", groveggiante quanto basta, ci regala un buon solo di Tabor, mentre il riff di "Memphis" continua a ricordarmi qualcosa di già sentito su "Deadwing". "Ghost Town" e "Heaven" potrebbero rimandare al pop se non fosse per il rullante "killer" di Morgenstein (a mio avviso un filo troppo alto per tutta la durata dell'album), e anticipano "Permanent Hold", a tutti gli effetti una coda strumentale non proprio riuscita di "Heaven", con Ty poco emozionante. L'avvolgente "Fallen" ci conduce alla conclusiva "Strong Belief", altro episodio disorientante che riecheggia il grunge di Billy Corgan e soci.

Niente da fare, anche stavolta "non è scattata la scintilla". Se non fosse per gli artisti di cui stiamo parlando il voto sarebbe quasi "regalato", ma come si può dare meno di così a Tabor/Morgenstein/Myung? Io non ne ho il coraggio...

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 13 apr 2017 alle 09:18

Ennio #1!

Inserito il 13 apr 2017 alle 09:03

"Niente da fare, anche stavolta "non è scattata la scintilla". Se non fosse per gli artisti di cui stiamo parlando il voto sarebbe quasi "regalato", ma come si può dare meno di così a Tabor/Morgenstein/Myung? Io non ne ho il coraggio..." Condivido al 200%

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