"Hyperborea è il prossimo step evolutivo che l'uomo dovrà compiere se non vuole soccombere all'odio che lentamente lo sta uccidendo". Così recitano le note di copertina di questo
"Enigmagination", esordio sulla lunga distanza degli italianissimi
Hiperborea (la "i" al posto della "y" è voluta, ndr) ispirato alla leggenda greca di una terra perfetta dove il sole splende per sei mesi all'anno.
Andrea Miccoli e soci si muovono in territori progressivi con frequenti approdi verso lidi più heavy e alternative, che talvolta strizzano l'occhio a
Steven Wilson (nelle sue mille incarnazioni, dai Porcupine Tree ai No-Man) e molto più spesso fanno riferimento agli indimenticati (e poco prolifici) Tool.
I sintetizzatori di
"River Flow" farebbero presagire un sound morbido e avvolgente, ma già dopo pochi secondi siamo investiti da sonorità progressive
"tout-court". La bella voce di
Miccoli e il break dal sapore Eighties non riescono però a mascherare la mancanza di scorrevolezza che, purtroppo, caratterizzerà tutta la durata del full-length.
"Awake And Asleep" si distingue per la buona prestazione di
Beggi al basso e per l'intermezzo sorprendentemente solare, data la cupezza complessiva della traccia. Il tastierismo di
"Cycle" mi ha ricordato alcune cose del
Maestro Simonetti, mentre i cantati rimandano a certa musica mainstream di metà Anni Novanta; peccato per il continuo alternarsi di tempi binari e ternari che spesso appesantisce l'ascolto.
"Just A Toy" è un altro episodio tirato dall'incipit enigmatico, chiaramente influenzato dalla band di
Maynard James Keenan e anticipa la curiosa
"Castle Of Mirrors", un po'
Lynch, un po' Opeth, ma meno interessante dalla metà in poi. La strumentale
"Dear Guardians" suona incerta sulla strada da percorrere (heavy? prog? folk?) e sfocia in
"Reflected Soul", traccia più lineare che ha più di un elemento in comune con la ben più nota
"Vicarious" dei Tool. La breve
"Cold Silence" prelude a
"Shadow Of Hyperborea", dove tra l'irruenza dell'heavy metal e la forma del prog più elaborato a risentirne è ancora la fluidità. Buoni suonano invece il break alla Vangelis e il riffing simil-Fates Warning. Anche in
"Drive Me Over" la carne al fuoco è troppa: ambient, ritmiche marziali, chitarre gilmouriane (
Dragoi sa comunque il fatto suo) e accelerazioni che ci aspetteremmo dagli Iron Maiden sono disorientanti e probabilmente inefficaci. La chiusura è lasciata a un altro brano diretto e incisivo intitolato
"Awakening", smorzato giusto da un breve intermezzo soffuso.
Agli
Hiperborea le idee non mancano di certo, mi sembrano solo "troppe" e non sempre perfettamente a fuoco. Niente che non si possa correggere prima del secondo album...
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