Il testo di "Johnny’s Band":
Johnny Jones woke up one day from dreaming
Told Bill the bass and soon they had a plan
He passed it on to Pete and Crazy Benny
Ah, suddenly they had a band
Hey Johnny's Band
He sure knew how to work up a crowd
The sound that they made put the rest in the shade
And the word soon got around
They played every dance hall in the city
Wrote themselves a cool forty-five
With a bullet it shot to the top of the pops
Oh man it was good to be alive
Hail Johnny's Band
Hear them on the radio
Smash after smash now they're rolling in the cash
Whatever they touch turns to gold
Benny went down with the hard stuff
And Pete joined a cult in LA
Johnny and Bill started going downhill
And the crowds began melting away
But hey, it's Johnny's Band
Playing Saturday nights at The Crown
The beards may be long and the money's long gone
It's a wonder that they're still around
But hey, it's Johnny's Band
Playing all those wonderful songs
Making the rounds with that old fashioned sound
And here we are singing along”
Quando l’ho letto per la prima volta ho subito pensato ad un lascito, alla sintesi di una storia che ormai dura da 50 anni. La storia dei
Deep Purple. Le spiegazioni ufficiali smentiscono la lettura autobiografica, ma la sensibilità del recensore non può non percepire spunti di collegamento con la storia, con la realtà. L’inizio fulmineo negli anni ’60, l’età gloriosa con il successo e la fama, i giorni bui, il distacco da alcuni membri e la notorietà che se ne va, insieme al denaro. Poi la risurrezione dove tutto è iniziato, fare musica, per il piacere di fare musica, una band che suona per se stessa e far divertire i fan rimasti, la Johnny’s Band…i
Deep Purple. “
Infinite” è questo e nulla più. Non è un disco dei
Deep Purple. E’ i
Deep Purple del 2017. Cinque ragazzotti che suonano per loro stessi e per tutti coloro che negli anni gli sono stati fedeli. E il risultato quando dei fuori classe lavorano in scioltezza è assolutamente clamoroso. Già il precedente ”
Now What?!” era un disco di gran classe dove si ritrovavano tutte le loro migliori caratteristiche, ma i singoli brani non erano tutte hit. Qui invece la sensazione a distanza ormai di più di un mese di ascolti ininterrotti è che ogni singola traccia di “
Infinite” sia un classico o sia destinato a diventare tale.
La chiave di lettura del disco si staglia su molteplici livelli e ci appare chiara man mano che i giri di ascolto aumentano. Nelle prime passate veniamo storditi dalle quattro colonne portanti del disco “
Time For Bedlam”, “
All I Got Is You”, “
The Surprising” e “
Birds Of Prey” che hanno un unico comune denominatore, le gigantesche tastiere di
Don Airey, tutti gli ascoltatori più distratti probabilmente si fermeranno qui. Ma se si prosegue con i passaggi, ecco che comincia ad apparire quella che secondo me è la vera spina dorsale o nervatura di “
Infinite”, 5 brani che all’apparenza sembrano meno nobili ma dove invece riusciamo a trovare tutto lo spirito del Profondo Porpora quello DOC. Sto parlando di “
Hip Boots” (il meglio di Purpendicular), “
One Night In Vegas”(il nono pezzo di Perfect Stranger), “
Get Me Outta Here”(il miglior
Gillan solista con le tastiere di In Rock), “
Johnny’s Band” (capolavoro con le radici in “Machine Head”) e “
On Top Of The World” (creata per essere una gemma live). E’ in queste tracce che il suono unico della chitarra di
Morse sale in cattedra e la sua famosa pennata alternata la fa da padrone accompagnato dalle incontenibili tastiere e dalla sezione ritmica più importante al mondo. L’apice però il biondo chitarrista ce lo riserva nell’assolo finale di “
Birds Of Prey” dove il suo tocco ci porta lassù nella stratosfera in un volo che appare senza fine. Menzione a parte poi merita un enorme
Gillan che alla soglia dei 72 anni sfodera una prestazione da antologia modulando la sua voce in modo magistrale e infarcendo ogni singola traccia di passione e tanta ma tanta classe. A chiudere il simbolico cerchio ci sono i testi che ritornano ad essere incisivi come non mai, incredibilmente fluidi anche nel baciarsi delle rime e soprattutto istantaneamente memorizzabili come quelli dei loro capolavori immortali. Ecco quest’ultimo aspetto è forse un’ulteriore chiave di lettura del disco, ti rimane subito TUTTO in testa, il testo che si amalgama con la musica, ogni singolo passaggio strumentale diventa all’istante proprietà del fruitore e non esce più. Credo che si celi proprio qui il segreto di “
Infinite”. Ma tutto questo non riuscirebbe a splendere cosi bene senza la produzione di
Bob Ezrin che trasla perfettamente il classico Purple sound dei corridoi dell’albergo di Machine Head ai computer del 2017..ma la magia rimane inalterata.
Non posso esimermi di parlare per qualche riga di quella che ritengo una delle canzoni più belle che i Deep Purple abbiano mai composto: “
The Surprising”. Sogno, premonizione, inquietudine, realtà, irrequietezza, fantasia, viaggio esoterico, catarsi…tutto questo è “
The Surprising”, lasciatevi trasportare in questo incubo a due facce e ritroverete tutta la vera magia della vita, tutto l’indispensabile mistero di cui l’uomo ha bisogno per sentirsi vivo e che questo mondo tecno/social ci ha rubato in modo definitivo traghettandoci verso la fine dell’età romantica.
Credo sia inutile parlare di classifiche, di dove piazzare questo disco nella storia discografica dei
Purple di quale voto dargli perché la verità è che ancora non abbiamo preso consapevolezza del potenziale di “
Infinite”, probabilmente destinato a diventare una gemma di inestimabile valore e se è vero che sarà il loro ultimo disco di inediti, questi maestri hanno chiuso la carriera come meglio non si poteva, dando una lezione di stile e di MUSICA a tutti. E prima della fine dei tempi il cielo si tinse di porpora….
A cura di Andrea “Polimar” Silvestri