Sembrerà un po’ strano, eppure quando ci si trova di fronte a un (super) gruppo come quello degli
Snakecharmer, alfieri di un genere musicale con così tanta storia (a cui alcuni di loro hanno per di più fattivamente contribuito) alle spalle e così tanti “figli” sparsi per tutto il globo terracqueo, credo che il rischio maggiore, specialmente di questi tempi, sia di “sottovalutarli”, trattando la loro esibizione artistica alla stregua di un tentativo “freddo” e scaltro di attrarre i tanti estimatori di Whitesnake, Bad Company, Deep Purple, Led Zeppelin e Foreigner.
Niente paura, in “
Second skin”, la seconda fatica discografica dei nostri, troverete ovviamente la competenza e la professionalità di musicisti molto “scafati” e ispirati (anche il nuovo innesto,
Simon McBride, ostenta un’invidiabile padronanza del suo strumento e, soprattutto, della “materia”, sostituendo un “certo”
Micky Moody con notevole disinvoltura e “freschezza”… a tratti mi ha ricordato un po’ il
Viv Campbell – del quale ha brevemente preso il posto negli Sweet Savage - dei Riverdogs …), ma non c’è traccia di facili manierismi o di moleste superficialità.
Ciò detto, non bisogna altresì sorprendersi nel rinvenire all’interno del programma palesi riferimenti ai maestri del settore citati all’inizio della disamina, tutta gente che, in fondo, ha scritto le regole dell’
hard-rock blues.
Nelle sapienti mani di
Chris Ousey & C. i nobili dogmi del settore finiscono per essere elaborati senza la benché minima velleità“innovativa” e tuttavia con dosi importanti di quel fervore emotivo che ce li rende costantemente irresistibili.
Dirò di più … rispetto al pur buon debutto, le canzoni di questo nuovo lavoro appaiono leggermente più “a fuoco” e vivaci sotto il profilo emozionale, molte di loro scavano a fondo i sensi e li conquistano in una maniera che fa “quasi” dimenticare la loro natura fortemente “retrospettiva”.
C’è poco da fare, quando il “soffio” dell’ugola di
Ousey è posto al servizio di composizioni appassionanti come la pulsante e
soulful "
Sounds like a plan” e la pastosa “
That kind of love” il solluchero
cardio-uditivo scatta immediatamente, aumentando la sua intensità in frammenti di vibrante e vellutato
rock duro intitolati “
Are you ready to fly” e “
Follow me under”, senza dimenticare di menzionare la suggestiva atmosfera “sudista” di “
I'll take you as you are” o le scosse
Zepplinesche di "
Hell of a way to live”.
La ballata “
Fade away” è un tributo alla tipica passionalità del
Serpente Bianco degli esordi e la torrida “
Dress it up” pare impegnarsi in un’analoga operazione nei confronti dei Free, mentre “
Punching above my weight” è uno dei momenti più “moderni” dell’opera, non lontano da certe cose dei Mr. Big.
Sprazzi di canicolare
blues n’ soul alimentano la notturna “
Forgive & forget” e sulle note enormemente emozionanti (da cui emerge ancora l’inestimabile lezione degli
Zeps) di “
Where do we go from here” scorrono i titoli di coda di un albo il cui ascolto lascia un pungente sapore di
old-fashioned.
A voi decidere se considerarlo un pregio o un difetto … per quanto mi riguarda “
Second skin” è un gran bel modo di onorare le radici dell’
hard-rock.