Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2017
Durata:34 min.
Etichetta:Non Serviam Records
Distribuzione:Season of Mist

Tracklist

  1. JAHILIAH
  2. GODS OF DEHUMANIZATION
  3. PROMETHEUS
  4. THE SELECTED BREED
  5. THE SIXTH BLOODLETTING
  6. ANTHROPOGENY
  7. RED WAVES
  8. GIFT OF DISINTEGRATION
  9. LIFE REJUVENATE

Line up

  • Filip Danielsson: vocals
  • Pedram Khatibi Shahidi: guitars
  • Oscar Krumlinde: drums

Voto medio utenti

Mostrare che il male, massimo corruttore di qualsiasi forma di vita sopravvive al passare degli eoni per continuare il ciclo di annichilimento e rinnovamento, che la vita stessa porta con sè il seme della propria distruzione: questa è la tesi che gli In Reverence intendono dimostrare con questo "The Selected Breed", debut album della band nata a Stoccolma.

Dalla loro fondazione ad opera del vocalist Filip Danielsson insieme al drummer Oscar Krumlinde ed al chitarrista Pedram Khatibi Shahidi datata 2010, gli svedesi hanno coltivato questo ambizioso concept che finalmente ha visto la luce grazie all'intuizione della Non Serviam Records e tanta attesa non è stata fortunatamente vana.

La band parte da una base di solido death metal di stampo svedese, ma la arricchisce e la personalizza con atmosfere oniriche e mistiche utilizzando -oltre ai canonici chitarra/basso/batteria- anche strumenti orientali,combinando melodie dissonanti e liriche apocalittiche.

Basta ascoltare l'opener "Jahiliah" per rendersene conto: inizia con un arpeggio soffuso, ripetitivo e malinconico ma insolito, quasi gli strumenti fossero non accordati per poi martellare con riffs taglienti e spietati.
"Gods of Dehumanization" con i suoi blast beats e le sue linee vocali sulfuree farebbe felici i fans dei Behemoth e dei Keep of Kalessin degli esordi, così come le terremotanti "Prometheus" e la title track "The selected breed" rimandano ai Dimmu Borgir ed ai Rotting Christ.

Il perenne cerchio di distruzione e rinascita, nella personale intepretazione degli In Reverence, prosegue senza soluzione di continuità con gli assalti sonori di "The sixth bloodletting" ed "Anthropogeny" per esplodere infine nell'oceano di sangue di "Red waves", ideale preludio alla calma di "Gift of disintegration" che contempla un genere umano ridotto in rovina da sè stesso, pronto però -ed è l'unica concessione alla speranza, quasi come il finale aperto in un libro- a ricominciare nella conclusiva e strumentale "Life Rejuvenate".

Un disco sorprendente, soprattutto ricordando che trattasi di un debut album, un lavoro maturo e completo di una band che si dimostra già molto scafata a dispetto della giovane età.
Esprimo una speranza: mi auguro che questo gioiellino non rimanga confinato solamente nell'underground, molti amanti del metallo estremo perderebbero qualcosa di valido.
Recensione a cura di Alessandro Zaina

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