Con “
II” gli
Inglorious riprendono il filo del loro discorso musicale esattamente dal punto in cui l’avevano lasciato ai tempi dell’esordio eponimo … tentare di offrire al pubblico dell’
hard-rock blues un credibile “ponte” tra passato e presente del genere, rivitalizzando con grinta e taglio sonoro attuali dogmi stilistici ampiamente consolidati e “familiari”.
Una sorta di
mélange tra Deep Purple, Whitesnake e Alter Bridge, insomma, pilotato da una delle migliori voci delle nuove generazioni del
rock, capace di alternare vigore
macho e languidità con enorme abilità e disinvoltura.
Tutto bene, dunque? Beh …
sì, anche se forse sarebbe meglio dire
quasi, poiché da questi ragazzi era lecito attendersi addirittura qualcosa di più.
Al disco manca probabilmente lo “scatto” decisivo e sebbene si sia di fronte ad un prodotto di notevole qualità, l’impressione è che una scrittura emotivamente un po’ “altalenante” e un velo leggero di manierismo gli impediscano un imperioso decollo verso l’empireo del settore.
La partenza è parecchio confortante … “
I don’t need you lovin’” toglie un po’ di “polvere” (per quanto nobilissima,
eh …) a Rainbow e Whitesnake, “
Taking the blame” rievoca l’energia dei
Purple settantiani e “
Tell me why” scatena un tipo di brividi d’emozione “figlio” di quelli procurati dall’ascolto di opere come “
Saints & sinners” e “
Slide it in”.
Si continua con il
groove adescante di “
Read all about it” e con le vigorose cadenze notturne di “
Change is coming”, “roba” decisamente godibile e tuttavia non proprio “sbalorditiva”, mentre una scossa d’intensità superiore la riserva l’ardore irresistibile di “
Making me pay”, un pezzo davvero emozionante, con l’ugola portentosa di
Nathan James sugli scudi.
Il seducente tocco esotico di “
Hell or high water”, la grinta
class-metal di “
No good for you” e la pulsante “
I got a feeling” garantiscono “buone vibrazioni” e riescono abbastanza facilmente a conquistare l’attenzione, ma per catalizzarla veramente è necessario attendere, dopo la solo gradevole “
Black magic”, il crescendo elettro-acustico di “
Faraway” e, soprattutto, l’avvincente linea armonica di “
High class woman”, per quanto mi riguarda il brano più riuscito dell’intera raccolta.
Gli
Inglorious non deludono i loro numerosi estimatori che però, ne sono convinto, in tutta onestà non potranno considerare questo “
II” l’apice artistico di un gruppo dotato di un enorme potenziale, in parte ancora inespresso.
Attendiamo con fiducia il momento in cui, magari scavando a fondo nella propria “anima”, la
band britannica riuscirà a raggiungere quella
leadership che la stampa del loro paese (con un pizzico di quel “campanilismo” che spesso la contraddistingue) le ha assegnato fin dal primo contatto.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?