"Life On Death Road" è probabilmente uno degli album di
Lande complessivamente meglio riusciti: buone canzoni (forse 2 o 3 di troppo), band eccellente (da
Sinner a
Del Vecchio c'è davvero poco da dire), produzione moderna e calda senza troppi fronzoli.
Quello che personalmente mal digerisco è questo continuo rimando al repertorio del "serpente bianco", un po' perché - diciamocelo - ha smerigliato gli zebedei, un po' perché dopo venti e passa anni di carriera è lecito aspettarsi dall'impressionante ugola norvegese quel "qualcosa" in più che possa giustificare l'acquisto di un suo nuovo, ennesimo disco.
Come già anticipato in apertura i pezzi convincenti non mancano: la titletrack (con il lungo spazio lasciato agli assoli),
"Hammered To The Cross" (che ricorda il recente
"Swing Of Death"),
"Love Is The Remedy" (dal ritornello più originale) o
"Man Of The 80's" (titolo e testo parlano da soli) sono brani destinati a rimanere a lungo nei live set di
Jorn, non c'è dubbio. Ma abbondano pure gli episodi che rasentano il plagio:
"Fire To The Sun" e
"The Slippery Slope" se non riecheggiano pari pari
"Bad Boys" poco ci manca,
"Dreamwalker", alle mie orecchie, ha molto di
"Ain't No Love In The Heart Of The City", "Blackbirds" mette insieme
"Judgement Day", "Looking For Love" e
"Walking In The Shadow Of Blues" (o almeno io le ho sentite tutte e tre). Il discorso si fa più interessante quando
Lande - timidamente - prova a fare qualcosa di diverso: penso alla sabbathiana e teatrale
"Insoluble Maze" o alla ballad dalle morbide orchestrazioni di scuola Scorpions intitolata
"The Optimist".
La verità, come sempre, sta nel mezzo: la prova è sicuramente positiva, ma attendiamo con ansia che
Jorn "si spinga un po' oltre" perché ha tutti i mezzi per fare quello che gli pare
(li ricordo solo io gli Ark? ndr) e non solo quello che la gente si aspetta da lui.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?