Uno ce la mette tutta per essere un “critico” distaccato, non cedere oltremodo alla “nostalgia” e non lasciar trasparire i dati della propria carta d’identità ed ecco che arriva il primo
album dei
Circus Nebula a rischiare seriamente di rendere vano ogni sforzo in tale direzione.
Il gruppo forlivese, in “giro” dal 1988, è uno dei miei (tanti) eroi di “culto” della scena nostrana, uno di quelli da citare ad esempio quando si vuole evidenziare la “miopia” dell’industria discografica incapace di sostenere adeguatamente talenti musicali di notevole prospettiva.
Alcuni
demos (che, con l’occasione, sono andato a rispolverare con sommo piacere …), la partecipazione alla
compilation della Musical Box Promotion “
Ringer” e a “
Nightpieces II” della Dracma, parecchie recensioni positive e un sacco di esibizioni dal vivo (tra cui le prestigiose “aperture” per Paul Chain, Death SS e Dogs D’Amour …) non erano state sufficienti a garantire a questi eclettici musicisti innamorati di
Stephen King e del suo indimenticabile “
It” un meritato debutto sulla lunga distanza.
Ci ha pensato l’
Andromeda Relix a porre rimedio a questa inspiegabile “scelleratezza” e gratificare la determinazione di una
band coagulatasi attorno agli storici
Marco “Ash” Bonavita,
Alex “The Juggler” Celli e
Roberto “Bobby Joker” Brighi, e che con il contributo d’innesti importanti come
Michele “Gavo” Gavelli e
Frank "Leo" Leone (poi rimpiazzato da
Luca “Ago” Agostini), arriva finalmente al tanto sospirato
full- length d’esordio.
“
Circus Nebula” è un disco assai godibile, che rivela al “mondo” le caratteristiche di un
modus operandi sonoro piuttosto variegato, intriso di
doom,
hard,
psych,
metal e
garage-rock, capace di scorticante visceralità, ma anche di soluzioni più elaborate e liquide, il tutto alimentato da un imprescindibile impatto emotivo.
Il programma, recuperando numerosi “cavalli di battaglia” (opportunamente “rinfrescati”) della storia dei romagnoli, spazia dalle cupezze
anthemiche di "
Sex garden” a un disinvolto
heavy-blues del calibro di "
Ectoplasm”, per poi sconfinare addirittura in territori esplicitamente
southern come accade in “
Rollin’ thunder (raw’n’roll)”.
Con le scorie Sabbath-
iane di “
Here came the medicine man” e della morbosa e umorale “
Welcome to the Circus Nebula”, nonché con la spedita cattiveria di “
Spleen” (ottimo il lavoro chitarristico di “
The Juggler”), il clima dell’opera si ammanta nuovamente di benefica caligine, mentre se amate i The Cult in "
Head-down” ritroverete sicuramente alcune delle loro migliori prerogative, agli estimatori della Strana Officina consiglio il “tiro” di “
2 Loud 4 the crowd” e a tutti i
musicofili, forte della sua travolgente istintività, è indirizzato “
Mr. Pennywise”, un infuocato
rock n’roll a “presa rapida”.
Attraverso la struggente “
Vacuum dreamer” si tenta la carta passionale, trasmettendo all’ascoltatore appena un pizzico di stucchevolezza e disagio, e una sensazione analoga la procura altresì la ballata ad ampio respiro “
Electric twilight”, comunque piacevole nel suo crescendo armonico di chiara ispirazione
seventies.
Dopo aver attentamente appurato che le mie valutazioni non sono inficiate da forme di “senile benevolenza”, ben consapevole delle loro qualità ieri come oggi, posso in tutta serenità affermare che concedere la vostra attenzione ai
Circus Nebula non è (solo) un premio all’abnegazione, ma rappresenta un atto “dovuto” nei confronti di
rockers esperti e preparati, in grado di trattare la materia con grinta, ispirazione e idee, che, a questo punto, meritano di essere ulteriormente sviluppate … mi raccomando,
Gloriosi, non deludetemi.