La storia dei
Narnia inizia molti anni fa, più precisamente nel 1993, quando dall’incontro tra il chitarrista
Carl Johan Grimmark e il cantante
Christian Liljegren nasce l’esigenza di formare una band di Christian power/prog metal dalla marcata componente melodica.
Da allora sono successe tante cose - un primo “innamoramento” delle platee giapponesi grazie alla
Pony Canyon, una parentesi con la
Nuclear Blast, alcuni tour di supporto agli Stratovarius e uno split ufficiale nel 2011 - ma la voglia di scrivere musica e di divulgare un certo tipo di messaggio è rimasta pressoché immutata, tanto da convincere la
Massacre Records a fargli incidere un nuovo (ultimo?) album a più quattro lustri dalla fondazione.
Le nove tracce di questo
“Narnia” trasudano “nordicità” da ogni poro, lasciando trasparire già dall’iniziale
“Reaching For The Top” quelle che sono le influenze principali del combo (penso ai Dio, ai Leverage o ai più prossimi Enbound).
“I Still Believe” è più vicina al power metal europeo per intenzioni e arrangiamenti, e fa il paio con la successiva
“On The Highest Mountain”, episodio che mette a sistema
“Soul Of A Vagabond” degli Stratovarius e
“Judgement Day” dei Whitesnake.
“Thank You” è un canto a Dio
(quello "lassù", ndr) di matrice synth-pop (ricordate
“Home” dei Depeche Mode?), inaspettato ma riuscito anche grazie alla coda più propriamente rock. Si torna a spingere sull’acceleratore con
“One Way To The Promised Land”, un po’ Vanden Plas e un po’ Sonata Arctica, così come per la successiva
“Messengers”, probabilmente la canzone più debole del lotto.
“Who Do You Follow?” attacca come un terzinato di scuola teutonica prima di esplodere in una strofa da headbanging, e anticipa l’accoppiata
“Moving On”/”Set The World On The Fire”, brani groovy di scuola Eighties forse troppo simili tra loro (il riffing rievoca i Threshold di
Karl Groom). Chiudono il disco due bonus track:
“Living Water” prende spunto dal metal neo-classico - fa un cameo anche
Jens Johansson dei sopraccitati Stratovarius - mentre
“Utvandrarna” altro non è che un breve e struggente frammento di piano solo.
Un’opera ben scritta e confezionata (la produzione è cristallina ed esemplare, nella migliore tradizione svedese), ma di certo non imprescindibile.
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