Personalmente considero
Jari Mäenpää semplicemente un genio della musica e prima di imbarcarsi nella sua creatura
Wintersun, con gli Ensiferum, ha dato vita a due delle gemme più splendenti nel panorama folk/melodic death metal mondiale: parlo di quei capolavori che rispondono al nome di "Ensiferum" ed "Iron".
Il cuore mi sanguina ancora se penso a cosa sarebbero potuti diventare i "Portatori di ferro" se
Jari non avesse deciso di andarsene...
Fortunatamente il dispiacere è stato lenito dai
Wintersun e dai loro primi due lavori
"Wintersun" e soprattutto
"Time I".
Ora, prima di procedere oltre, è giusto si sappia che quest'ultimo album dall'anno della sua pubblicazione (2012) non è mai uscito dal caricatore della mia auto, tanto per chiarire quanto incontri i gusti musicali di chi scrive.
Lascio a voi immaginare quindi con quanta attesa io abbia visto passare questi cinque anni necessari alla lavorazione e pubblicazione -ancora sotto l'egida
Nuclear Blast- del terzo lavoro della band, appunto questo
"The Forest Seasons" che a breve andremo ad esplorare.
Il mio approccio al disco è stato quello di un adolescente al primo appuntamento, tanto ero ansioso di riprovare le emozioni che "Time I" mi regalò al primo passaggio nel lettore ed invece ho subito realizzato che "la signorina" con cui stavo flirtando non mi avrebbe concesso facilmente le sue grazie.
Ho commesso il più banale degli errori, quello di proiettare le mie aspettative su qualcosa che non può ripetersi pedissequamente album dopo album: le corde emozionali che tocca un disco non necessariamente sono le stesse del successivo, seppure entrambi siano estremamente belli!
Eppure durante i mesi precedenti l'uscita
Jari, Kai, Teemu e soci lo avevano detto a chiare lettere ai fans: "Attenzione, il nuovo disco NON sarà Time II"...stupido io a non capirlo subito!
L'album si apre con suoni e rumori tipici di una foresta, acqua che scorre, vento e versi di animali,
"Awaken from the dark slumber"(Spring) ci accoglie quasi in punta di piedi, come se il mondo fosse ancora prigioniero della morsa dell'inverno ma lottasse per far esplodere la vita in risveglio sotto la coltre di ghiaccio. Ed infatti dopo un breve dialogo synth/chitarre la "primavera" esplode con tutta la sua irrefrenabile forza grazie alla sezione ritmica
Koskinen/Hahto, precisa e possente, ed ai riffs granitici proposti da
Jari, Teemu ed Asim. Nella canzone emergono ancora momenti di calma ed oscurità, quasi che l'inverno non volesse arrendersi alla luce più calda, ma il tempo (ancora una volta ricorrente nel songwriting della band) non può essere fermato.
Ed infatti con un arpeggio quasi orientaleggiante
"The forest that weeps (Summer)" celebra la forza ed il calore dell'estate; tutto il brano è un mid tempo con una infinita varietà di sfumature e soluzioni melodiche.
Passaggi quasi folk, percussioni indiane, fiati tratteggiano alla perfezione la meravigliosa tavolozza di colori che la stagione più calda dell'anno offre nella foresta, il tutto sorretto sempre da una solida base death. Superlativi i cori che impreziosiscono senza appesantire tutto il brano e che esplodono nell'epico ritornello che è impossibile ascoltare senza unirsi ad esso.
Il succedersi delle stagioni però non può interrompersi e così il tempo spensierato dell'estate lascia ben presto il campo alla tempesta autunnale di
"Eternal Darkness (Autumn)", un brano cupo, disperato, rabbioso di puro black metal. Drumming costantemente in blast beats, voce quasi totalmente in scream e riffing glaciale ed oscuro accompagnano pioggia e vento che spazzano via il sole e con esso la gioia della vita. C'è una rabbia profonda che emerge da tutto il brano, come se la terra non volesse cadere nuovamente preda del buio e del freddo in agguato.
Solo con la conclusiva
"Loneliness (Winter)" il mondo ritrova una sorta di pace, accettando l'inevitabile sonno invernale.
Tutto il pezzo è una lunga ode alla tristezza, un inno alla disperazione che trova compimento nella prova vocale di
Jari, probabilmente mai così bravo nell'alternarsi di harsh e clean vocals. Potremmo classificarlo come heavy metal ballad, ma sarebbe riduttivo ricondurre a questo i quasi 13 minuti di puro godimento sonoro di questo pezzo, che ha il suo picco nel coro finale in cui, grazie all'intreccio di riffs profondamente malinconici, la natura cessa di combattere e si arrende all'inevitabile fine.
Trovo naturale pensare che i
Wintersun abbiano voluto regalarci un parallelismo tra il ciclo delle stagioni in natura ed il trascorrere degli anni durante la vita umana, la perpetua lotta per sfuggire all'inevitabile inverno della vecchiaia.
O forse ci hanno semplicemente omaggiato di un album splendido senza troppi secondi fini.
Forse sarò di parte ma credo che sarà estremamente difficile togliere a questo
"The Forest Seasons" lo scettro di best album del 2017 e non solo!
P.S. Faccio finta di non sapere niente dell'operazione di crowdfunding che ha preceduto l'uscita di questo disco....
Rinfreschiamo la memoria, per ricordarci chi sono i
Wintersun e prepararci a dovere:
"I have awaken the darkness
I am the one who seek vengeance.."