Penso che anche per i più caproni o i più estremisti di voi non ci sia bisogno che io stia qui a spiegare chi è
Jon Lord. Anche se non siete particolarmente amanti dei tasti d’avorio non potrete far altro che convenire con me nel definirlo uno tra i migliori tastieristi di tutta la storia del rock, se non addirittura il migliore. In possesso di una tecnica sopraffina, amante e immenso conoscitore della musica classica, è riuscito in maniera egregia, grazie soprattutto ad un’incredibile sensibilità d’animo ed ad un gusto enorme per la melodia, a miscelare alla perfezione queste sue influenze classiche con il rock e l’hard rock, creando con i Deep Purple, con i Whitesnake, e in decine di dischi solisti e di collaborazioni, dei veri e propri capolavori.
Si diceva della sua sensibilità… proprio quella che l’ha portato a scontrarsi con l’irruenza di
Ritchie Blackmore creando il sound inimitabile dei Deep Purple, la stessa sensibilità che è riuscito ad esprimere in capolavori come “
Concerto for group and orchestra”, “
April” o “
Gemini suite”, nei primordiali tentativi di far convivere la musica classica e quella rock. “
Windows” è il suo secondo album solista, registrato dal vivo, e uscito originariamente nel 1974, in un momento in cui i Deep Purple stavano vivendo la loro seconda giovinezza prima della disfatta dell’anno successivo. Per realizzarlo
Lord chiama a sé un gruppetto di amici davvero niente male:
Glenn Hughes,
David Coverdale,
Tony Ashton,
Ray Fenwick,
Pete York, e soprattutto il compositore e direttore di orchestra
Eberhard Schoener, che conduce la
Munich Chamber Opera Orchestra.
Si tratta di un album leggermente differente rispetto a quanto ci si poteva aspettare dal baffuto ‘
Signore’ dei tasti d’avorio. Diviso in due parti, mantiene sì le inimitabili partiture barocche alle quali eravamo stati abituati, ma è anche pregno di fortissimi riferimenti al blues, al jazz, al prog e alla fusion, tanto da lasciare inizialmente spiazzato l’ascoltatore. Il primo brano, “
Continuo on B-A-C-H”, è un umile tentativo da parte di
Lord di concludere a modo suo “
The art of fugue di
Johann Sebastian Bach, opera che il compositore tedesco lasciò incompiuta nell’ultima parte della sua vita. Come già accennato, alle immancabili partiture classiche si affiancano interventi jazz e blues, e non mancano dei richiami al prog rock dei seventies. Sulla bontà dell’operazione e sulla sua riuscita lascio a voi ogni giudizio. Io mi limito a dire che si tratta di un esperimento sicuramente ardito, ma a mio modo di vedere altrettanto riuscito, se lo si prende per quello che è, e cioè un tributo al grande compositore, senza presunzione e senza malizia.
Il lato B dell’album, invece, è fatto di tutt’altra pasta. “
Window” è una lunga suite di 32 minuti suddivisa in tre movimenti. Il concept dietro la composizione è sicuramente complesso.
Lord cerca di mettere a confronto la struttura della rapsodia con quella della tradizione renga del Giappone medievale. Un’operazione senz’altro azzardata, che ha generato tre movimenti altrettanto articolati, ai limiti della sperimentazione più pura. Si passa con nonchalance da partiture fusion ad altre quasi ermetiche e a quelle classiche, con i soprano
Ermina Santi e
Sigune Von Osten ad alternarsi alla voce più canonica di
Coverdale e a quella come sempre impeccabile di
Hughes. Una sorta di
Zorn ante litteram che duetta con
Zappa, e che rende l’ascolto sicuramente ostico a chi non è abituato a determinate sonorità. E questo con tutto il bagaglio culturale e musicale che abbiamo noi oggi. Mi chiedo quali possano essere state le reazioni degli ascoltatori dell’epoca…
La
earMUSIC lo scorso 28 Aprile ha ristampato l’opera rimasterizzando il tutto agli Abbey Road Studios, partendo dai mix stereo originali sotto la supervisione di
Rob Cass. L’album presenterà un artwork rinnovato e un nuovo packaging in digipack. La ristampa ha seguito quella di “
Gemini suite” e sarà seguita da quella di “
Sarabande”, che chiuderà il trittico dei primi album solisti del tastierista.