La vita non è giusta e questo lo sappiamo quotidianamente, durante i nostri affanni, le nostre gioie effimere, le disperazioni immeritate, i tremendi errori che per sempre ci attanaglieranno e ci accompagneranno fino al nostro ultimo giorno.
Figuriamoci se esiste una giustizia nel campo della musica e, scendendo ancora di più nel particolare, nel panorama metal, in cui specialmente attualmente riscuotono grande successo band carrozzoni commerciali pompati e costruiti ad arte da chi è riuscito con enorme facilità a coglionare l'ascoltatore metallaro medio, un tempo assai critico e maggiormente evoluto della media ed oggi praticamente equivalente ad un pischello che si fomenta per Fedez o qualche lasciva strappona, anche loro mutuate dalla musica pop ad invadere una scena che una volta lasciava passare come grandi artiste solo le Donne con la D maiuscola e non i troioni da competizione che oggi affollano la nostra ex-amata scena.
Tutta questa filippica per dire che il metal di qualità sta tornando, giustamente, una situazione esclusivamente underground, ricca e capace di incredibili soddisfazioni, ma che non troverete sulle copertine delle sopravvissute riviste o tra gli eventi dei promoter sempre più modaioli, ma nel catalogo di qualche etichetta nobile decaduta (come il caso della rediviva Hammerheart Records), di qualche canale Youtube semi abbandonato o su pagine Facebook che hanno a livello mondiale un seguito a malapena superiore di quella di Metal.it che non ha mai comprato un like o un'inserzione sponsorizzata.
Il metal di qualità esiste ancora, eccome se esiste. E che qualità.
Solo che va cercato, scovato, inseguito, perchè la qualità ormai interessa a pochi.
"
Noi felici, pochi", ha scritto qualcuno più importante di me.
Siamo felici, perchè è uscito il nuovo disco degli svedesi
Ereb Altor.
Illuminati come sempre dallo spirito del loro padre
Quorthon,
Mats e Ragnar hanno saputo comporre un altro disco strepitoso, forte, epico, battagliero, intenso e carico di emozioni.
A livello musicale questo "
Ulfven", ovviamente rimanendo un lavoro Ereb Altor al 100%, rispetto a qualche anno fa si getta maggiormente verso le sonorità del debutto "
By Honour", ovvero un doom epico e magniloquente, carico di tristi melodie ed incline al folk (non danzereccio ovviamente, ci rifacciamo al debutto dei
TYR "
How Far to Asgaard"), lasciando da parte le numerose influenze black che avevano trovato posto - seppure in maniera vincente - tra "
Gastrike" e "
Nattramn" ed in questo periodo è impossibile dimenticare la leggendaria "
Nifelheim".
"
Ulfven" è un album che miscela sapientemente tutte le anime e le sfaccettature del viking metal, percorrendo un sentiero che illumina la mente ed il cuore, fieri della nostra solitudine e di una superiorità d'animo che non tutti riescono a percepire e di fronte a questo sorridiamo con malcelato orgoglio.
La lunga e conclusiva "
Bloodline" dopo dieci anni pare chiudere un cerchio apertosi con "
Ereb Altor", la suite conclusiva del primo disco, tornando a decantare le glorie e le miserie umane di fronte al volere degli Dèi, infondendoci malinconia e profonda dignità di fronte all'ineluttabile e ripercorrendo la bathoriana "
Father to Son".
"
oh, Father
I sit by your side
last winter coloured your hair white
once so strong
wisdom still shines within your grey eyes
night will come
the last journey is ahead
with no oars nor sail but with fire which carry you on your way "
Un disco triste, oscuro, lento, meno black e più doom folk, in cui la fanno da padrone le clean vocals ed il growl è relegato in maniera misurata, è quello che ci hanno regalato in maniera meravigliosa ancora una volta gli
Ereb Altor, uno dei gruppi più ingiustamente sottovalutati degli ultimi 10 anni.