State ancora piangendo perché sei anni e mezzo fa (Gesù, già sono passati sei anni e mezzo??) i Dismember si sono sciolti? Bene, asciugatevi le lacrime perché da Modena arriva un gruppo che risolverà tutti i vostri problemi e colmerà l’immenso vuoto lasciato dalla band di
Matti Kärki!
“Servants of Chaos” è il secondo full length di una band della quale, ammetto la mia ignoranza, non era assolutamente a conoscenza (nonostante in attività da ben dieci anni) fino a quando non mi è stata segnalata dal nostro buon Frank, e cioè i
Blood Of Seklusion. Incuriosito mi sono messo subito all’ascolto del disco, e sono rimasto un po’ perplesso ascoltando il primo brano “
The desert of lost soul”, pezzo estremamente cadenzato, che ti da sempre l’impressione di decollare ma che fino alla fine non lo fa. Un modo quantomeno anomalo di aprire un album. Per fortuna dalla successiva “
Theatre of madness” in poi il disco esplode in tutta la sua furia iconoclasta, vomitandoci addosso nove brani di purissimo old school death metal come si usava una volta.
Lo stile di riferimento è chiaramente quello svedese, come abbiamo già accennato, basta ascoltare il suono classicissimo delle chitarre e anche il growling, ma fa piacere percepire qua e là inserti di death metal britannico, Benediction su tutti, ed europeo più in generale (qualche capatina degli Asphyx). La cosa che fa più piacere, però, è che gli emiliani non sono una semplice e sbiadita fotocopia dei nomi e delle scene fin qui citati. Pur muovendosi sotto la loro ombra riescono comunque ad avere uno stile proprio, che sicuramente non apporterà grandi novità a quanto proposto fin’ora negli ultimi 30 anni, ma che funziona maledettamente grazie ad un songwriting fresco ed ispirato.
Brani come “
First blood”, “
Unconventional warfare” o “
The sun shines no more” sono macigni che spappoleranno i vostri crani senza pietà, fino a quando “
Amen” non porrà fine al massacro, andando pian piano sfumando e chiudendo l’album così come era iniziato, con un mid tempo granitico e possente.
In generale di questo disco ho apprezzato oltre alla genuinità con cui i nostri affrontano il songwriting, anche e soprattutto il fatto che non ci siano contaminazioni di sorta, dieci brani di purissimo e incontaminato death metal vecchia scuola, con un ottimo lavoro alle chitarre da parte di
Nicolò e
Fabio, una sezione ritmica devastante, e soprattutto il growling selvaggio di
Alberto, vero e proprio valore aggiunto della band.
Una scoperta davvero sensazionale, per uno dei migliori dischi death metal della penisola. Un’altra band che va ad aggiungersi a nomi come Valgrind, Hellish God, Morbo e compagnia putrida, e che va ad alimentare una scena sempre più fervida e pulsante.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?