Copertina 7

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2005
Durata:57 min.
Etichetta:Scarlet
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MUSIC
  2. FIRST NIGHT
  3. A ROSE IN HER HAND
  4. LIONS ARE THE WORLD
  5. I’M THE EVIL
  6. MOONLIGHT SHADOW
  7. LITTLE RED RIDING HOOD
  8. LOVE

Line up

  • Kiara Laetitia: Vocals
  • Roberto "Brodo" Potenti: Bass
  • Fabrizio "Pota" Romani: Guitars, Vocals (backing)
  • Eddy Antonini: Piano, Keyboards, Harpsichord, Vocals (backing), Orchestra Arrangements
  • Fabio Dozzo: Vocals

Voto medio utenti

Settimo full length in dieci anni di carriera per i milanesi Skylark, uno dei primi gruppi in Italia ad essersi cimentato con sonorità sinfoniche in un periodo (e il sottoscritto se lo ricorda bene!) in cui un certo tipo di metal era guardato peggio della peste. Passati attraverso un cambio di etichetta (dalla Underground Symphony alla Scarlet, per la quale hanno registrato “Wings”) e un nuovo ingresso nella line up (la vocalist Kiara, che ha affiancato Fabio Dozzo), il combo di Eddy Antonini è ancora qui più vivo che mai, pronto a donarci nuova musica di qualità.
“Fairytales” ci propone ancora una volta il solito trademark del gruppo, anche se a onor di cronaca bisogna dire che c’è stato un ritorno più marcato alle atmosfere articolate e magniloquenti degli esordi (quel “Dragon’s secret” che cercò con forza di porre nuove coordinate al metal italiano). Purtroppo questo tentativo non parte con il piede giusto: “Music” e “First night” sono veloci e potenti, tipicamente Skylark nella loro cavalcata melodica e negli intrecci barocchi di chitarra e tastiera, ma soffrono di una certa ripetitività, e le melodie vocali, a mio parere punto di forza della band, non appaiono particolarmente vincenti. Va decisamente meglio con “A rose in her hand” (che avevo già ascoltato dal vivo questa primavera), una song davvero trascinante, dotata di un bel chorus che questa volta ti si stampa in testa da subito.
Il primo vero pezzo da novanta arriva però con la lunga “Lions are the world”, una track che inizia come ballad per piano e voce, per poi trasformarsi dopo circa quattro, intensissimi minuti, in una speed song da manuale in perfetto stile Helloween: un must per tutti i fans del power metal.
Più oscura “I’m the evil”, che ricorda molto da vicino alcune delle cose presenti in “Gate of hell” (per chi scrive il loro miglior lavoro), mentre risulta divertente e ben riuscito il rifacimento in chiave speed dell’hit pop “Moonlight shadow”, che ha spopolato nelle radio qualche anno fa, e che conferma la passione dei nostri per le covers, dopo l’ottima “When love and hate collide” dello scorso anno.
E siamo giunti a quello che può essere considerato il vero punto focale di “Fairytales”: sto parlando di “Little red riding hood”, una suite di circa diciotto minuti in cui vengono passati in rassegna tutte le caratteristiche dello stile della band. Epica, intensa, emozionante, straordinariamente interpretata da Fabio Dozzo (una delle voci più belle della nostra scena musicale), è probabilmente inferiore alla storica “The light”, ma ha sicuramente di che soddisfare i fans della band, e dimostra pienamente a tutti i suoi detrattori, che gli Skylark sono vivi e vegeti. Si chiude, dopo circa un’ora, con “Music”, una ballata pianistica piuttosto delicata, con un finale speed: non un capolavoro, ma sicuramente un episodio riuscito.
Che dire? Pur non mostrandoci la band ai suoi massimi livelli, questo “Fairytales” è comunque un buon lavoro, con alcuni picchi che sicuramente non passeranno inosservati. A onor di cronaca però, bisogna segnalare come Kiara (che inspiegabilmente canta su tutti i pezzi tranne gli ultimi due) non sia ancora pronta per affrontare un’intera prova da studio. Per carità, la ragazza è in possesso di un timbro interessante, piuttosto personale e molto distante dalle tentazioni operistiche alla Nightwish, ma non ci sembra avere ancora acquisito un controllo totale dei propri mezzi. Se la cava piuttosto bene sui toni medi, ma stenta decisamente sugli acuti, senza contare che alla lunga ci si accorge come non riesca a dotare le canzoni di quell’intensità che necessiterebbero. Quando finalmente entra Fabio Dozzo la differenza si sente eccome, e mi domando davvero se non sia stato eccessivo affidare tre quarti dell’album ad una voce così acerba…
Un altro problema è quello causato dalla defezione di Carlos dietro le pelli: il suo sostituto non è assolutamente all’altezza e la sezione ritmica ne risulta fortemente penalizzata.
Al di là di questi inconvenienti (che speriamo vengano risolti già col prossimo disco), possiamo ritenerci soddisfatti e attendere con fiducia qualche data dal vivo anche da noi (mentre scrivo la band è impegnata in Giappone per la terza volta nella sua storia).
Recensione a cura di Luca Franceschini

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 09 apr 2011 alle 03:36

Ottimo album sulla scia del precedente!!

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