Copertina 6,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2017
Durata:43 min.
Etichetta:Napalm Records

Tracklist

  1. MIDNIGHT SERPENT
  2. BLOOD CRACKS OPEN THE GROUND
  3. TO YOUR BRETHREN IN THE DARK
  4. DEEP CALLETH UPON DEEP
  5. THE GHOST OF ROME
  6. DISSONANT
  7. BLACK WINGS AND WITHERING GLOOM
  8. BURIAL RITE

Line up

  • Satyr: vocals, guitars
  • Frost: drums

Voto medio utenti

"...O è l'inizio di qualcosa di nuovo, o piuttosto sarà il mio ultimo album".
Con queste parole -che suonavano come una centuria di Nostradamus- Sigurd Wongraven, ai più noto come Satyr, aveva presentato questo "Deep Calleth Upon Deep", nono lavoro sulla lunga distanza dei Satyricon edito da Napalm Records.

Il disco esce a quattro anni dall'ultimo full length omonimo che, ad essere generosi, aveva suscitato qualche perplessità anche ai fans più appassionati della band norvegese.
Nel mezzo la nota e dolorosa vicenda del male (un tumore benigno diagnosticato al cervello) occorso a Satyr ed alla lunga convalescenza per uscirne: un'esperienza che non poteva passare senza lasciare tracce anche nella vita artistica della band.

A mio parere infatti tutto l'album ruota intorno al dualismo vita/morte, a partire dall'artwork in bianco e nero (la somma e l'annichilimento di ogni colore) che rappresenta un teschio ed un volto giovanile, un lavoro che reca inoltre la firma di Edvard Munch, artista norvegese amatissimo e che non ha bisogno di presentazioni.
Ovviamente la parte che ci interessa, la musica del disco, non si sottrae a questa trama, regalandoci un album complesso, ricco di mid-tempo e di trovate particolari.

Non vi è più traccia del black furioso degli esordi ma piuttosto un metal ragionato, introspettivo, quasi doom in alcuni rallentamenti e tempi dilatati.
L'opener "Midnight Serpent" procede in tal senso presentando un heavy classico, roccioso ma senza quella carica aggressiva violenta che aveva reso celebri Satyr e Frost agli inizi della loro carriera.
Doom che fa pesantemente capolino nell'anticipata "To your brethren in the dark", canzone particolarmente funerea nell'incedere e nei riffs che presenta.

La title track non presenta particolari stravolgimenti di suono ma al suo interno troviamo un lavoro di archi inatteso e la voce baritonale di Håkon Kornstad a conferire gravità alla composizione.
Baritono che ritorna anche nella successiva "The Ghost of Rome" canzone quasi ruffiana nel suo andamento non particolarmente veloce e nei suoi riffs facilmente assimilabili, nonchè nel ritornello di presa immediata.

"Dissonant" è il brano più particolare e spiazzante del lotto in quanto accorpa incursioni di sassofono nel suo tappeto hard rock, arricchito da improvvise accelerazioni ed altrettanto improvvisi rallentamenti.
In "Black Wings and Withering Gloom" fanno la loro comparsa dei timidi blast beats che però non occupano la scena ma sembrano in qualche modo depotenziati per far invece risaltare il riffing tutt'altro che sulfureo e glaciale.
Chiude il platter "Burial Rite", nuovamente un mid tempo caratterizzato da una prova vocale di Satyr troppo monocorde e priva di mordente.

Per concludere come possiamo valutare questo "Deep Calleth Upon Deep"? Come un album degli attuali Satyricon, un disco che prosegue nel solco dei vari "Rebel Extravaganza", "Volcano" o "Satyricon", lontano anni luce (ed ormai possiamo affermare che sia una svolta definitiva e maturata per esperienze personali degli artisti) dal micidiale trittico con cui la band aveva imposto al mondo del black metal norvegese la propria presenza.
Questo non significa che siamo in presenza di un brutto disco ma che se cerchiamo il ritorno a sonorità e tematiche presenti in "Dark Medieval Times", "The Shadowthrone" e "Nemesis Divina" siamo completamente fuori strada.

I Satyricon oggi suonano altro, sta a voi cercare di cogliere il buono che offrono o passare oltre e rimettere sul piatto il tempo andato; personalmente lascio scegliere al mio umore se virare sulla furia o sulla ragione.

Satyricon - "Deep Calleth Upon Deep"

Recensione a cura di Alessandro Zaina

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