“
The key to the world” è un disco di
symphonic power metal e i suoi autori, i
Secret Rule, sono guidati da una fascinosa cantante.
Lo diciamo subito a scanso di equivoci, o meglio lo ricordiamo a beneficio dei lettori più distratti, giacché questa, pubblicata di recente per la
Pride & Joy Music, è la terza fatica sulla lunga distanza dei romani.
Una volta precisata l’appartenenza stilistica e la tipologia della formula espressiva, entrambe di grande successo e diffusione, è anche necessario sottolineare come la proposta dei nostri non si limiti esclusivamente a riciclare atmosfere e sonorità note e come anche quando lo stereotipo è abbastanza incombente, ci sia sempre un “qualcosa” in grado di distinguerli dalla massa.
La chiamerei “sensibilità artistica” ed è la capacità di variare con gusto innato il proprio
songwriting, muovendosi tra le pieghe del genere in maniera sempre equilibrata e piuttosto convincente, evitando che l’effetto
cliché e il rischio del “troppo sentito” finiscano per affossare la fruizione dell’opera.
Potenza, magniloquenza,
groove e ammiccamenti tra
pop ed elettronica si combinano in un programma complessivamente di pregevole livello, pilotato dalla duttile e intensa laringe di
Angela Di Vincenzo e da intrecci melodici intrisi d’immediatezza, passionalità e forza, risultato di una consapevolezza, di una coesione e di un’esperienza ormai parecchio consolidate.
La presenza di ospiti prestigiosi come
Henrik Klingenberg (Sonata Arctica),
Henning Basse (Firewind, MaYan) e
Ailyn Giménez (ex Sirenia), assieme all’ottimo lavoro in cabina di regia di
Tue Madsen (The Haunted, Moonspell, Dark Tranquillity, ...) e
Fabio D’amore (Serenity) rafforza ancora una volta il carattere “internazionale” del prodotto, ma ormai è evidente che i
Secret Rule hanno i mezzi per sfidare ogni forma di concorrenza e sono attrezzati per attrarre un pubblico vasto e pure attento ai dettagli (
ehm, se ancora esiste …).
Il clima enfatico di “
The song of the universe” e “
Trip of destiny”, il fascino gotico di “
Empty world”, "
Lost child” e “
Poets (Calliope)” e poi ancora la possente attrattiva garantita dalle frenesie ammaliatrici di "
Imaginary world” (
feat. Ailyn), dalla struggente "
No more” e dal brillante tocco
electro di “
I’m you” rappresentano le peculiarità più appassionanti di un programma che si segnala anche per l’ardore cibernetico di “
Are you gone?” e per la melodrammaticità di "
My realm”, abili a sfuggire per un “soffio” la ridondanza
kitsch.
In un settore dove la sterilità da “uso & abuso” è abbastanza comune, i
Secret Rule continuano ad apparire una realtà importante e interessante, fedele ai dogmi senza eccedere nelle ovvietà e soprattutto capace di scrivere e suonare canzoni coinvolgenti ed emozionanti.
Ciò detto, è mia opinione che la piena “maturità” della
band non sia ancora arrivata e che
Andy Menario e i suoi
pards possano riservarci ulteriori significativi sviluppi creativi … io ci conto … non mi deludete,
eh?
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