All'inizio quest'album mi ha fatto un effetto un pò strano: mi sembrava di ascoltare il leggendario "Only Theatre Of Pain" dei Christian Death in una veste più moderna, mantenendo però i tratti caratteristici dell'opera originale. Quel basso insistente e dissonante, sempre impegnato a costruire la struttura dei pezzi. Quell'approccio vocale irriverente e canzonatorio, in alcuni momenti quasi fastidioso. Ma mi sbagliavo... "Et Cetera", a parte le ambizioni di essere una grande opera gotica ed industriale, si evolve in maniera nettamente diversa. Con pezzi che sembrano più brevi esemplari di un rock reso più triste ed intimista dall'uso di certe soluzioni malinconiche, impreziosito da inserimenti elettronici al limite del rumorismo, acccompagnato ogni tanto da incursioni in quello che viene definito folk ma è solo un'espressione melodica più marcata e ricercata. Quello che non va nella musica degli svedesi Leakh è il senso di pretenziosità delle composizioni, che le porta a non avere una vera e propria forma con cui esprimere la tanta sostanza di cui sono formate. Noiose, fredde, a tratti proprio vuote di significato, riempite di ripetizioni non del tutto azzeccate, visto il solo senso di fastidio che sono in grado di trasmettere all'ascoltatore. I pochi pezzi gradevoli sono sparsi qua e là, e da cercare all'interno dei brani per essere completamente apprezzati. Un'operazione che scoraggerà gli ascolti più superficiali e premierà invece quelli più attenti, pur non riuscendo comunque ad entrare nei cuori (e forse neanche delle menti). Inconcludente dimostrazione di musica fine a sé stessa.
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