A dieci anni di distanza dal precedente “
Galgenfrist” torna
Nortt, l’unica (non)persona al mondo per cui vale l’appellativo di “
Pure Depressive Black Funeral Doom Metal”, la quale, tuttavia, non è solo una mera definizione, ma una vera e propria dichiarazione di intenti che viene portata a compimento con il nuovo “
Endeligt”.
Chi conosce
Nortt sa cosa aspettarsi nei solchi delle sue produzioni, tuttavia questa volta, sebbene la formula di partenza sia rimasta la stessa, il mix degli ingredienti è leggermente cambiato.
C’è una fortissima componente black ambient, che rimanda direttamente al
Nordvargr di “
Awaken”, del quale viene citata la copertina, fermo restando i lentissimi ritmi del funeral doom, anche se non declinati secondo i classici canoni del minutaggio abnorme, mentre la componente black metal resta sullo sfondo, confinata nell’abisso di oscurità e disperazione che, frutto della mente di Nortt, dà vita a passaggi emozionali lividi e gelidi come la morte, con arpeggi desolati e vibrazioni maligne.
Ascoltando il carico di negatività che trasuda dai solchi di “
Endeligt” pensavo a cosa potesse passare nella mente di un musicista per comporre musica simile, e nel mentre mi si è palesato il fantasma di
Dead, di Per "Pelle" Yngve Ohlin, di quel ragazzo di 22 anni che un giorno decise di porre fine a quel brutto incubo chiamato vita e lanciarsi nel troppo a lungo atteso e raggelante abbraccio della morte.
La morte come culto e ossessione, l’oscurità come sintagma che dà collante e riconduce a unità l’intera struttura del disco, campane a morto e l’ululato del vento come elementi descrittivi e simbolici di uno stato d’animo che tale non è, perché
Nortt non può essere definito in positivo, ma solo in negativo, per sottrazione. Nortt non è e non può essere.
Giudicare un disco simile è difficile, perché l’aspetto musicale non è poi così importante. Qualcuno potrebbe aver preferito canzoni con strutture più lunghe e articolate, magari con maggiore brutalità, anche vocale. Tuttavia se ci focalizziamo sul messaggio che la musica vuole trasmettere, sui paesaggi emozionali che vuole ricreare, allora le nove tracce vengono ricondotte a unità, un lungo e lento stillicidio di 39 minuti in un tunnel oscuro e malinconico, sempre più giù nella depressione più nera, fino alla fine, qualunque essa sia.
Per nichilisti, depressi, sull’orlo del suicidio.
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