Avevo già avuto l’onore di incappare nei
Tombs circa sei anni fa in occasione di “
Path of Totality”, secondo album della formazione newyorkese uscito nel 2011 per
Relapse Records, label che li ha accompagnati sin dal debutto del 2009 “
Winter Hours” sino all’EP dello scorso anno “
All Empires Fall”, prima che in occasione dell’odierno “
The Grand Annihilation” i Tombs si accasassero presso la
Metal Blade.
C’è da dire che è stato senza dubbio un matrimonio felice poiché, e non crediamo proprio che sia un caso, in questo capitolo i Tombs mettono al band tutte le cose che non funzionavano nel loro sound (anche quando, come ogni uscita Relapse, erano acclamatissimi dalla critica), spesso ingolfato da forzati appiccicaticci tipo come accaduto in passato le sfuriate black in blastbeats con le inchiodate dello sludge, una cosa davvero inascoltabile.
Oggi i Tombs sembrano decisamente maturati, mettono da parte entrambe le loro reminiscenze del passato e sfornano questo “The Grand Annihilation”, un album semplicemente metal, mastodontico, fatto di ritmiche incessanti e grasse, e lasciando alle contaminazioni piccoli ma mirati interventi che possono andare a caratterizzare la loro proposta ma non a renderla succube. In questo modo, adesso sì, elementi doom, post metal e death vanno a miscelarsi in maniera armoniosa con il bagaglio dei Tombs, andando a confezionare un disco ulteriormente impreziosito dalla produzione di
Erik Rutan, che a quanto pare nelle vesti di produttore si trova maggiormente a proprio agio che quando si cimenta nel proprio campo, ovvero quello del death metal tout court.
Di black metal non è rimasto praticamente nulla, non che prima ce ne fosse a nostro avviso, ma decisamente con questa nuova direzione stilistica i Tombs sembrano molto più a loro agio e raggiungono finalmente un efficace pragmatismo a fronte di un forse carismatico ma inutile esercizio pindarico svolto sinora.
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