I
Perfect Beings - insieme ai Frost* - sono tra i più apprezzati esponenti della "nuova scuola progressiva" capace di dare una lettura moderna del sound ultracollaudato dei vari Yes, Pink Floyd e Genesis.
Detto ciò, il terzo lavoro degli americani mi ha un po' spiazzato, non tanto per la difficile riconoscibilità della proposta (all'inizio non ero così sicuro di stare ascoltando i
Perfect Beings), quanto per l'enorme mole di nuove idee messe in campo, responsabile di un minutaggio non proprio alla portata di tutti.
Quattro
suite divise in 18 brani - per un ipotetico doppio vinile - vanno a costituire
"Vier", esordio del quartetto per
InsideOut Music. A grandi linee si potrebbe dire che
"Guedra" vive della luce riflessa dei nomi sopraccitati (
"A New Pyramid" trasuda Yes da ogni poro, così come
"Patience" ha più di un debito nei confronti dei Beatles e dei Pink Floyd),
"The Golden Arc" tributa i "classici moderni" - da
Debussy a
Nyman - strizzando l'occhio al prog sinfonico più jazzato (
"Turn The World Off" non avrebbe sfigurato in
"Works" degli ELP),
"Vibrational" è
spacey che di più non si può (le sonorità ayreoniane di
"Mysteries, Not Answers" non me le aspettavo) e la conclusiva
"Anunnaki" vive di sperimentazioni più o meno riuscite che vanno dalla crimsonica
"Lord Wind" all'orientaleggiante
"Hissing The Wave Of The Dragon".
Si toccano vette molto alte - penso a
"The Golden Arc" nel suo complesso o all'ipnotica
"Enter The Center" - ma manca quella fluidità (tipica delle
suite di una volta) che faciliterebbe l'ascolto -
"Altars Of The Gods" è sconnessa tanto quanto
"Patterns Of Light", di matrice post-punk, ed
"Everything's Falling Apart", dai connotati dark.
Per quanto mi riguarda, alla fine
"Vier" è un lavoro interessante. Avrebbe potuto essere un capolavoro, ma per i motivi di cui sopra non mi viene da dare più di un 7.
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