Una meraviglia totale.
Non so cosa ci sia sulle isole Far Oer di così magico per poter ospitare nello stesso piccolissimo fazzoletto di terra in mezzo al nulla musicisti in grado negli anni di offrire così tanto alla musica metal ma insomma, prima TYR, poi Hamradun ed adesso - solo per quanto riguarda la mia conoscenza ovviamente - questi
Hamferð, passati per l'occasione del loro secondo album "
Támsins likam" sotto l'egida della sempre attentissima
Metal Blade.
Gli
Hamferð sono terribilmente evocativi e drammatici nel loro death doom con forti influenze legati alla loro terra, riscontrabili nel concept che racchiude il doloroso racconto fatto di un viaggio retrospettivo, passato già nel precedente "
Evst" del 2013 ed inizialmente per l'EP di esordio "
Vilst er síðsta fet" del 2010, entrambi usciti per la
Tutl Records, etichetta di bandiera delle Faroe Islands.
L'uso eccelso della lingua madre da parte del frontman
Jón Aldará, accompagnato da struggenti assoli, in maniera prima sussurrata, poi epica, infine abbandonata alla rabbia del growl permea tutto il lavoro di un'aura totalmente solenne che sancisce l'ineluttabile responsabilità delle scelte che compiamo piuttosto che del destino che spesso incolpiamo per scaricare le nostre responsabilità, per rimandare l'appuntamento con noi stessi una volta giunti al giudizio finale.
Giudizio finale che giunge in questo caso anche per il protagonista della storia, morto suicida per aver causato in maniera diretta o meno la morte dei propri figli e della propria amata: non c'è alcuna sorta di happy ending, nessuna concessione alla speranza, nemmeno ultraterrena, in una narrazione permeata dalle leggende e dai costumi faroesi che attraverso la musica degli
Hamferð e la nostra immaginazione prendono corpo e sostanza, dando così peso e forza anche alle nostre angosce ed insicurezze.
Un'opera straordinaria lungo tutto il proprio cammino, che si sublima nella perfezione di "
Stygd" in cui si percepisce il male prendere forma al pari della rassegnazione umana, priva di ogni vigore di speranza ed atta unicamente a lasciarsi andare all'ineluttabile.
La drammaticità dei toni usati, raffigurata tramite una produzione eccellente, riffs pesantissimi ed opprimenti che danno luogo a brani nemmeno troppo lunghi ma mai noiosi o ripetitivi, assoli stentorei e strazianti insieme alle clean vocals di
Aldará, che in più di un'occasione mi hanno ricordato il disperato grido in cerca di aiuto di
Agyl degli
Scald , rendono questo "
Támsins likam" senza dubbio uno dei migliori album del 2018, nonostante l'anno sia appena iniziato.
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