Non si può di certo dire che la
Diablo Swing Orchestra sia una band prolifica, ma quando pubblica un album è altrettanto improbabile che sbagli il bersaglio. Avevo qualche timore dovuto all'abbandono della cantante storica
Annlouice Lögdlund - troppo impegnata nel mondo della musica lirica per poter proseguire nel progetto - ma la nuova
Kristin Evegård, nonostante un timbro sensibilmente diverso, la fa rimpiangere ben poco.
La formula dell'ottetto trova in
"Pacifisticuffs" un nuovo equilibrio che lo rende, a mio giudizio, il full-length più accessibile mai realizzato dalla band. La carne al fuoco è sempre tantissima:
"Knucklehugs" rimanda ai musical e a Elvis,
"The Age Of Vulture Culture" fonde reggaeton, metal e musica balcanica,
"Superhero Jagganath" spicca per la scrittura clamorosa a cavallo tra cabaret, lirica e bossa nova. E come se non bastasse gli svedesi si fanno tentare dalle atmosfere morriconiane (
"Lady Clandestine Chainbreaker", "Climbing The Eyewall"), dalla disco-music (
"Jigsaw Hustle") e dalla musica da camera (
"Ode To The Innocent"), prima di due episodi godibilissimi come
"Interruption" (sottotitolo:
"Tori Amos sotto steroidi") e
"Karma Bonfire" (che farebbe sbiancare
Brian Setzer).
Come si fa a non amare questa band?
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