Tornano in pista i "cugini poveri" dei Kamelot, i cechi
Sebastien. Dopo un buon debutto intitolato
"Tears Of White Roses" e un altrettanto godibile secondo full-length (
"Dark Chambers Of Déjà Vu"), la band - orfana del produttore e "guida spirituale"
Roland Grapow - si ripresenta con il nuovo
"Act Of Creation", licenziato dalla sempre più presente
Pride & Joy Music.
L'impressione è che il quintetto abbia preferito stare "dalla parte del sicuro" in maniera un po' troppo smaccata, con soluzioni preconfezionate tanto ineccepibili dal punto di vista formale quanto trite e ritrite.
Non bastano gli ospiti di lusso come
Apollo Papathanasio (Spiritual Beggars, ex-Firewind) nella neanche troppo malvagia
"Die In Me" o
Mayo Petranin (Signum Regis) nella meno riuscita
"Winner" a risollevare le sorti di un album piatto e del tutto privo di sorprese. I sopraccitati Kamelot dell'era
Roy Khan regnano sovrani (
"Act Of Creation", "Amy", "Evermore"), così come gli immancabili sample elettronici che vanno tanto di moda da qualche anno a questa parte (
"No Destination" bastava e avanzava). Escludendo i filler (
"Heal My Soul", "Hero"), sono i mid-tempo di scuola Leverage/Avantasia (su tutti
"Wake Up"), uno pseudo-tributo ai Sonata Arctica delle origini (
"My Empire") e l'immancabile ballad strappa-lacrime (
"Queen From The Stars", proposta anche come bonus track in lingua madre) a completare il quadro di un'uscita che farà la gioia di chi può accontentarsi del "compitino" ben svolto.
Sufficiente giusto per la buona
"Full Moon Child", pestata al punto giusto e non troppo derivativa.
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