Rapporto di amore ed odio quello del sottoscritto con gli
Autopsy di quel malato di
Chris Reifert, tanto imprescindibile e seminale con due capolavori totali come "
Severed Survival" e "
Mental Funeral", quanto con il passo più lungo della gamba di "
Acts of the Unspekable", il disco che mi gettò nella disperazione, fino alla morte artistica di "
Shitfun" con il quale gettò sugli Autopsy quello che decise di mettere in quella squallida copertina.
Dopo la pausa di più di 15 anni intercorsa fino all'EP di ritorno "
The Tomb Within" sinceramente non sono riuscito ad entusiasmarmi, a differenza di tanti miei colleghi, per quanto fatto dagli Autopsy e purtroppo devo ripetermi anche per quanto riguarda questo nuovo EP intolato "
Puncturing the Grotesque", uscito a fine 2017 per la fedele
Peaceville Records.
Con una copertina pescata nei più reconditi demotapes di metà anni '80 ed una produzione volutamente retro' (questa assai ben riuscita e graditissima), "Puncturing the Grotesque" semplicemente non è un disco death metal e non è degno di rappresentare l'omaggio a quello che era il 30esimo anniversario di nascita della band.
La titletrack non è altro che un brano alla
Motorhead con una voce un po' sporcata, si parla forse vagamente di death 'n' roll ma di certo le atmosfere plumbee e soffocanti che hanno reso celebri sul finire degli '80 gli Autopsy sono del tutto assenti, anzi potrebbe essere più adatto per una festa della birra; le cose migliorano leggermente con la successiva "
the Sick Get Sicker", ordinario e basico tentativo di tornare su binari più consoni, ma già con la successiva "
Gas Mask Lust" le mie speranze, insieme alla mia pazienza, crollano definitivamente di fronte ad un brano sì cadenzatissimo ma veramente derivativo, con riffs dissonanti direttamente estrapolati dalla discografia dei
Sabbath più lisergici...soporifera.
Le conclusive "
Corpses at War" e specialmente "
Gorecrow" tentano in extremis di restuire una dignità death metal a questa uscita ma la cover dei
Bloodbath "
Fuck You!!!" riporta tutto nuovamente su territori death 'n' roll ridanciani e festaioli, lasciandoci attoniti e basiti.
Come per tanti loro colleghi, sono portato ormai a pensare che tanti capolavori composti in età giovanile, quasi studentesca, siano a questo punto dovuti al semplice caso data l'enorme distanza di tutto il resto della discografia e non giustificabili da quell'aura di magnificenza che troppo presto diamo a protagonisti che sembrano più stati baciati dalla fortuna più che illuminati dall'ispirazione o dotati di artistica preveggenza.