La prima cosa che mi viene da scrivere è: dove c’è
Phil Anselmo c’è metal.
Phil è un pazzo scatenato, una bestia da palco e da studio, dove lo metti canta e questo lo sappiamo tutti, il suo impatto nella scena metal mondiale è incredibile ed ha pochi rivali, tutto quello che è estremo è di suo interesse, ha cantato in innumerevoli band, ha collaborato e ha prestato la sua voce in centinaia di palchi presidiati da una quantità di band che faccio fatica a ricordarmi, come puoi non volergli bene ad uno così?
Lascio perdere gli episodi di razzismo, l’astio con
Vinnie Paul, la vita sregolata e i vari gossip che lo hanno attanagliato nel passare degli anni, sto parlando solo del lato artistico, quindi non mi interesso a varie critiche sulla sua vita extra musicale. Phil è il metal, e ci tengo a diffondere questo mio pensiero.
Detto questo adesso parliamo del suo nuovo album, Anselmo se ne esce con il secondo full-lenght insieme agli “Illegali” con cui ha prodotto anche due EP, tra cui ricordo il nuovo ingresso di
Mike DeLeon e
Walter Howard, che altro non sono che quattro musicisti con i controcoglioni con cui sforna un tripudio di violenza e brutalità.
La copertina del disco ricorda molto l’artwork di “
In the name of Suffering” degli
Eyehategod, e neanche un giovincello metallaro di primo pelo può non capire cosa si troverà di fronte, un mix di grindcore, thrash, brutal, sludge, black metal, musica pesante e odio distribuito in 10 pezzi per un totale di 46 minuti circa, l’album, come si può immaginare, risulta quindi non di facile ascolto, i vari blast beats, le ritmiche grindcore e la potenza della sua voce a lungo andare risulteranno stressanti anche alle orecchie più estreme, ma di fatto penso che i cinque siano riusciti a proporre quello che stavano cercando.
Si inizia con “
Little Fucking Heroes”, qua le linee vocali assomigliano molto a quelle di alcuni brani dei
Down, e di tanto in tanto la cosa si nota in altri parti del disco, il ritmo è un continuo cambio di velocità quasi disordinato, “
Utopia” è spettrale, ci sono urli gutturali e screaming che trasudano psichiatria come nella titletrack “
Chosing Mental Illness”, mentre “
Individual” sorprende per durata, ma senza fare una piega percorre lo stesso stile di tutto l’album, arriviamo poi a “
Delinquent” che ha un impatto decisamente Thrash/Death, così come “
Finger Me” che riecheggia in atmosfere più Technothrash di fine anni ’90.
Le orecchie ormai grondano sangue, la produzione del disco è impeccabile, l’album si conclude con un’altra bomba a deflagrazione sparata dritta nei timpani di quasi 7 minuti, ossia “
Mixed Lunatic Results”, disco difficile, senza pause, diretto e senza troppi fronzoli un po’ come Phil Anselmo.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?