Cosa aspettarsi da un album firmato da
Brent Hinds dei Mastodon e
Danny Carey dei Tool? Di tutto, ma non di certo un incrocio tra gli High Tide e gli Steppenwolf!
Non fraintendetemi, i 37 minuti di
"Legend Of The Seagullmen" sono ben più delle due
antiche formazioni sopraccitate, ma è fuori discussione che sull'intero lavoro aleggi lo spettro della musica
di una volta, cosa tutto sommato inaspettata da due "alfieri della modernità" come
Hinds e
Carey (se si pensa a quello che hanno combinato con le rispettive band di appartenenza).
Il sound del sestetto è davvero complesso: spazia dal proto-metal di
"We Are The Seagullmen" (sognate
Elvis o
Jim Morrison allo stadio davanti a una folla sterminata negli Anni Ottanta) all'heavy più teatrale di
"The Fogger", dal doom/prog più epico di
"Shipswreck" alle aperture sinfoniche d'ispirazione morriconiana di
"Curse Of Red Tide". L'essenziale
"Legend Of Seagullmen" ha un'attitudine quasi punk, prima della lisergica
"The Orca", che fa il paio con
"Rise Of The Giant", a cavallo tra
Hendrix, Cream e tastiere dal gusto
rétro. Nella conclusiva
"Ballad Of The Deep Sea Diver" si respira nuovamente l'aria delle pellicole di
Sergio Leone, nonostante il break dal sapore avanguardistico.
Insomma, tanta carne al fuoco al servizio di un album disorientante ma coraggioso e complessivamente riuscito (a mio avviso più di
"Arcadea" del collega di
Hinds, Brann Dailor), grazie anche all'ottima performance dell'istrionico
David Dreyer - un po' pirata e un po' cantastorie. Ora speriamo che non si tratti dell'ennesimo progetto "one-shot"...
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