Non si può di certo dire che i
Gazpacho non siano prolifici. Dal 2002 a oggi i norvegesi hanno prodotto musica con una continuità (e una qualità) invidiabile. Oggi il sestetto si ripresenta sul mercato con
"Soyuz", album che conferma una volta di più quanto di buono fatto fino ad oggi dalla band.
L'introduttiva
"Soyuz One" scopre da subito le carte di
Ohme e soci, un sound a cavallo tra Radiohead,
Anathema e certi Depeche Mode, soporifero fino alla svolta elettrica del terzo minuto. In
"Hypomania" la componente alternative si fa più pronunciata (così come l'epicità di scuola Muse), prima di
"Exit Suite", elegante e raffinata alla maniera dei
Marillion di
Steve Hogarth. "Emperor Bespoke" è una traccia più propriamente progressiva (scomoderei i
Beardfish), forse troppo generosa nel minutaggio, che sfocia in
"Sky Burial", dove i toni si fanno più drammatici e concitati (ottima la scrittura degli archi in tal senso).
"Fleeting Things" spicca per i riusciti arrangiamenti elettronici, algidi e avvolgenti allo stesso tempo, e prelude al pezzo forte del full-length intitolato
"Soyuz Out", sperimentale, sinistro, spigoloso e teso come avrebbero potuto concepire solo certi Van Der Graaf Generator. La chiusura è lasciata all'ottima
"Rappaccini", brano dal piglio teatrale che avrebbe persuaso anche i
Queen più intransigenti.
Un ritorno convincente dove a mancare è solo l'effetto sorpresa.
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