La variazione più corposa, nell'immensa band di San Diego, sta dietro al principale microfono, laddove, Jeff Gutt si unisce a fratelli DeLeo e al batterista cofondatore Eric Kretz.
La morte prematura di Chester Bennington (2017) e quella ancora bruciante del Gigante Scott Weiland
(2015...non bastano a metter fine all'odissea della band di San Diego.
I 3, uniti a Eric, come ogni Band e/o rocker dall'
animo idolatra non percepiscono il "basta". Al Rock-immortale "nulla" basta mai del tutto: resta sempre un pezzo mancante, un salto da fare, uno strepito da urlare, un "vuoto" da compiere.
Le storie dei grandi sono storie dure (inesprimibili ai più), indigeste ai fan che non riescono... ad uccidere una parte di se stessi (che
riguarda il proprio idolo, la propria assenza e la propria trasparenza mortale).
Sono morti Tutt*, spogliati della loro veste fisica e della loro Arte, e non risorgeranno perchè in Noi
(fedeli ascoltatori)non vi è nè spazio per La m-o-r-t-e - nè, allora, spazio di rinascita. Semmai, totale affidamento...nelle risonanze.
Questo STP non fa eccezione e prosegue il corso del mito, della sospensione.
Inizia in un deserto di attese, in un Kyuss di poche note tese, in un sodalizio effimero soave e folle, degno di kung Fu Panda alla corte di Beavis and Butt-head.
Prosegue lieto come un "tea-party" il sabato pomeriggio, amabile come un drink al tramonto, stordente come Telemaco.
Simbolo di metamorfosi, e, di passaggi di stato in perenne continuità, scatena inedite sorti (Six Eight), segno, in un'aurea rocciosa, di un fragile pulsare. Tale pneuma è legabile al tema portante di tutta la fenomenica Rock: 'la'
libertà è dolorosa. La tendenza buddica, liberatoria in seno alle sofferenze dell'esperienza umana, è retta (nel trionfo rock)
da "pochi" suadenti volti più morenti e dannati dei tanti (massa, maggioranza).
Tali "pochi", eleggibili e luminosi ci fanno cozzare coi destini, con le vulnerabilità e con le sorti apparentemente avverse che li ammantano dal primo giorno di questa leggenda "occidentale". Sono armoniosi, statuari, plastici nei gesti, ricchissimi e valenti in chiave umana e
reattivi ove vi sia la livida consapevolezza che l'intero corso delle Cose non è integralmente sconvolgibile.
(x questo si appellano ad una metamorfosi che è spesso una mimesi alta, inarrivabile, divina?)
La 8 è una canzone che fa da spartiacque tra sè e sè. Apre una porta interna che sfibra una spirale al proprio incedere diritto. Incarna lo spirito coraggioso dell'avventuriero puro. Con i suoi micro-inserti da inno transgenerazionale, attacca l'ultima parte dell'intero lavoro. (speriamo che Geoff Tate - potremmo dire Zak Stevens, i Transiberian..., Vedder, J. Loren Wince, Jagger etc etc
assumano la misura della responsabilità come coloro che hanno messo nel mondo dei capolavori Rock... (finest hour, bridge di good shoes).
La conclusiva Reds & Blues merita un conto a parte perchè
sancisce una separazione tra quel che è stato STP 2018 e quel che è da adesso in avanti...
Brulicate e fatevi forma, siate ovoidi di inedite creazioni...
Grazie
di non essere mai andati via, di non essere mai giunti in nessun luogo determinato, di essere ancora e per sempre nè vivi, né morti.
### il futuro non è mai esistito