Ladies and gentleman, from New Jersey ... Socratic!
Ecco, se la vostra espressione facciale ha assunto quella del classico "punto interrogativo" e la prima reazione è stata quella all'insegna del celebre "e chicazzè?", avrete un'idea del mio atteggiamento quando mi è stata affidata la disamina di questo "Lunch for the sky" (dalla simpatica copertina "naif"), che se non sbaglio, dovrebbe essere il primo full-length del quintetto statunitense in questione.
La musica dei nostri è un indie-pop-rock, con qualche fuggevole vagito emo, sostenuto dai solidi pilastri della "tradizione" melodica angloamericana (dai Beatles a Billy Joel) e che per la propria distinzione s'affida all'uso piuttosto intensivo del pianoforte, il quale spesso e volentieri risolleva le sorti di un suono altrimenti con eccessivamente caratterizzato.
Siamo dalle parti, dunque, di una sorta di crocevia dove s'incontrano Jimmy Eat World, The Get Up Kids e Ben Folds Five, nel quale transitano di tanto in tanto anche i Weezer e in cui sono molto spesso le melodie zuccherose a farla da padrone, senza che la componente energetica (o quantomeno una certa carica enfatica "anti-soporifera"), sia del tutto trascurata, inserita spesso un attimo prima che il rischio di un eventuale crollo dell'ascoltatore in preda ad un profondo attacco di "coma diabetico" diventi eccessivamente elevato.
Il disco è complessivamente abbastanza bellino e gradevole, soprattutto se la sua audizione viene "centellinata", mentre, almeno questa è la mia sensazione, il suo ascolto complessivo risulta un pochino troppo "impegnativo".
"Tear a gash", "The dense indents" (assai godibile), "I am the doctor", "We burn houses", "B to E" e la magniloquente "Spending galore", sono i brani che sono riusciti a suscitare le migliori sensazioni complessive sui miei condotti uditivi, laddove, viceversa "Too late too soon" rappresenta il superamento dei valori ammissibili fissati sul mio personale misuratore del coefficiente glicemico, così come non mi convincono più di tanto gli accenni d'aggregazione tra hip hop e R&B "moderno" espressi in "U and left turns", che pure tanto piacciono alla scena mainstream dei nostri giorni.
Se non appartenete ai fanatici di quella scena musicale che a grandi linee potremmo definire utilizzando la denominazione "US college radio rock", consiglierei "cautela" e un'eventuale somministrazione a "piccole dosi", ma è altresì innegabile che i Socratic, all'interno di quest'ambito, sono un gruppo dalle caratteristiche interessanti, che ce la mette tutta per evitare l'omologazione (sebbene "alternativa") ... un intento da lodare e che insieme al discreto valore del dischetto garantisce una sufficienza piena.
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