A leggere la bigrafia dei deathster nostrani
Valgrind c'è solo da togliersi il cappello dinnanzi alla tenacia ed alla perseveranza di questi ragazzi: partiti nel lontano 1994 e dopo una serie di vicissitudini che portano allo scioglimento del gruppo nel 2003, i nostri tornano in carreggiata 5 anni più tardi e da allora iniziano a fare sul serio e danno il via ad un'attività discografica che ben presto li renderà tra i gruppi più stimati in ambito death metal tricolore. Tralasciando per un attimo le note biografiche a favore di quelle musicali, addentriamoci in questo nuovo
"Blackest Horizon", quarto sigillo dei Valgrind: avendo personalmente apprezzato parecchio il precedente EP "Seal Of Phobos" uscito l'anno scorso ed essendo stato ingolosito dalle anteprime rese note prima dell'uscita del disco, nutrivo parecchia curiosità nell'ascoltare un lavoro che si preannunciava decisamente valido. E per capire che le aspetative erano ben riposte è sufficiente qualche ascolto di questo album, che preleva a piene mani dalla scena death metal americana anni '90 ed in particolare si rifa a
"Testimony Of The Ancients" dei
Pestilence per quel che riguarda la struttura e la composizione dei brani, con qualche strizzata d'occhio ai
Morbid Angel più cupi ed atmosferici: senza voler strafare in termini di tecnicismi fini a se stessi, i Valgrind mettono insieme 10 brani di death metal ricco di cambi di tempo e di atmosfera sostenuti da un lavoro alle sei corde di
Massimiliano Elia e
Umberto Poncina davvero ricercato e di gran gusto, riscontrabile anche nel lavoro egregio svolto in chiave solista con assoli mai banali o scontati, e dal growl sempre di Elia davvero convincente anche in veste di singer. Notevole anche il drum-work svolto dietro alle pelli di
Gianmarco Agosti, potente, dinamico e molto fantasioso, vero motore pulsante dei Valgrind. Tra sfuriate tipicamente death metal e rallentamenti che invitano all'headbanging si insinuano anche magistrali intermezzi e parti di synth capaci di conferire un'aura se possibile ancor più oscura a brani come "Sunken Temple Of Initiated", "Blackest Horizon", "Victorious" o "Last Angel (Into The Uknown)", tra gli episodi più riusciti di questo album nel quale è davvero difficile trovare punti deboli. Davvero molto ben riuscita anche la "suite" finale "Last Angel (Into The Uknown)" - Last Angel (The Psychonaut) - Last Angel (Hades Horseman), vera e propria summa di questo "Blackest Horizon" che testimonia la crescita e la maturazione dei Valgrind.
Per gli amanti del death metal l'ascolto e l'acquisto di questo gioiellino sono caldamente consigliati, c'è di che essere fieri di poter vantare band di questo calibro nella propria scena tricolore.
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