Tornano a tre anni da "
Of Ghost and Gods"
Maurizio Iacono ed i suoi
Kataklysm per il 13esimo album di una carriera ormai quasi trentennale dal titolo "
Meditations", preceduto da un buon battage pubblicitario condotto dalla sempre impeccabile
Nuclear Blast.
I canadesi non sono mai stati a mio giudizio una band "fondamentale", ma si sono costruiti una reputazione solida grazie alle qualità tecniche sopra la media, ad esibizioni live devastanti e soprattutto ad almeno tre dischi eccellenti ("
Epic:The Poetry Of War", "Shadow and dust" e "Serenity in fire"); purtroppo negli ultimi anni la qualità e l'ispirazione dei loro lavori è andata calando e la loro proposta è passata dalla furia dei primordi ai tempi più rallentati di "
Heaven's Venom" e "
Waiting for the end to come".
Le mie speranze di un ritorno al passato subiscono un colpo già scorrendo il flyer di presentazione: per la mia esperienza quando leggo che la band "approccia la nuova era rimanendo fedele alle proprie radici ma sviluppando ulteriori dinamiche melodiche" ho sempre il sospetto (spessissimo confermato) che con tale supercazzola il gruppo voglia riposizionarsi nel mercato acquisendo nuovi fans.
Ad ogni modo l'opener "
Guillotine", con la citazione della nota frase di Burke come incipit ("
Affinchè il male trionfi è sufficiente che gli uomini buoni non facciano nulla"), mi aveva fatto ben sperare: un ottimo tiro ed il solito grande lavoro di
Dagenais,
Barbe e
Beaudoin oltre alla prova solida di
Iacono al microfono.
Ma già dalla successiva "
Outsider" ed ancora di più in "
The last breath I'll take is yours" ed in "
Narcissist" diventa evidente come i
Kataklysm cerchino di rivolgersi ad un pubblico più vasto della loro consueta fan-base.
I suoni sono assai vicini al groove del modern melodic death, proseguendo di fatto il percorso già intrapreso con "
Of Ghost...", quindi impeccabili in quanto a pulizia ed accuratezza ma forse carenti di quel cuore e quella cattiveria che avevano fatto le fortune della band.
"
Meditations" infatti, per una precisa direzione intrapresa dalla band, è stato interamente registrato in uno studio appositamente realizzato nel fitto della foresta canadese dagli stessi
Dagenais/Beaudoin e successivamente prodotto e mixato da Jay Ruston: il risultato è un disco formalmente ineccepibile ma che a lungo andare risulta quasi un esercizio di stile.
Spendo però due righe di complimenti per il brano che chiude il disco: "
Achilles Heel", grazie all'intro emotivamente coinvolgente di chitarra, al muro sonoro della strofa ed alle armonizzazioni durante il bridge, risolleva giusto in fondo l'album.
Un album che sono ben lontano dal definire brutto ma piuttosto indeciso, forse frutto della scelta che la band dovrà intraprendere da qui sino al termine della propria carriera: se restare ancorata alla tradizione che l'ha resa grande oppure buttarsi nell'ibrido che da qualche disco stanno portando avanti.
Al pubblico, come sempre, sarà data l'ultima parola.
Kataklysm - "
Guillotine"