Dopo un silenzio durato 10 anni tornano con il quinto lavoro sulla lunga distanza gli statunitensi
Light This City, guidati come sempre dalla frontwoman
Laura Nichol, e rilasciano grazie all'etichetta a stelle e strisce
Prosthetic Records "
Terminal Bloom" di cui parleremo a breve.
La storia della band californiana è segnata da continui abbandoni e ritorni: nata nel 2002 si è sciolta nel 2008 dopo aver pubblicato ben 4 dischi e successivamente ha continuato a riunirsi saltuariamente per alcuni shows-reunion nel 2010 e nel 2015, salvo poi ritornare in pianta stabile con una nuova lineup dal 2017.
A dirla tutta -e con brutale schiettezza- avrebbero anche potuto evitare.
Il perchè è presto detto: il famoso motto "lascia il tempo che trova" è l'unica considerazione che si può fare dopo svariati ascolti di "
Terminal Bloom".
Il disco prosegue infatti sulle già note e stra-abusate coordinate su cui viaggiavano i suoi predecessori quindi sonorità pesantemente ispirate ai melodic death metal acts del nord europa quali Arch Enemy, At the Gates, Carcass influenzate dalla scena metalcore/hardcore a stelle e strisce.
Nulla di nuovo sotto il sole insomma, ma questo non sarebbe nemmeno il più grave dei problemi di questo album.
Le vere pecche stanno in una costante ripetitività nella forma e nella struttura dei brani, nei riffs poco incisivi e nella prova dietro il microfono della
Nichol sulla quale -lo preciso a scanso di equivoci- le mie riserve non sono di stampo sessista ma esclusivamente musicale.
Non basta ispirarsi ad Angela Gossow (in modo piuttosto palese a mio giudizio) per avere i medesimi buoni risultati nè è sufficiente inserire il "tupatupatupa"(trademark gothemburg sound) per creare un buon disco.
E pensare che le prime 3 tracce, "
Reality in disarray", "
A grotesque reflection" e "
Dormant Tide", mi avevano illuso essendo provviste di buonissimo tiro e linee melodiche/ritmiche di buon livello (al netto dei conclamati difetti della voce).
Purtroppo il resto del platter scorre via, innocuo come un gessetto sopra una lastra di titanio, senza lasciare memoria di sè.
Non ci siamo, con l'oceano di proposte musicali che vi sono nel mondo ultra competitivo del metal moderno, serve molto di più.
Light This City - "
Reality in Disarray"
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