Ci sono dischi che sono entrati di diritto nella storia del metal tricolore, e “
Poetical freakscream” è sicuramente uno di questi. In piena epoca crossover, quando gruppi come Cryptic Slaughter, D.R.I., Gang Green e compagnia thrashante spopolavano, anche qui da noi, pur se con leggerissimo ritardo temporale, arrivava il capolavoro thrashcore, a nome
Jester Beast. Un album mitico, che colpì fin da subito per la sua furia iconoclasta, per il saper mischiare l’immediatezza dell’HC, con i suoi ritmi serratissimi, alle trame cervellotiche dei Voivod e i loro riff articolati, e non ultimo per la mitica copertina di
Bonvi.
Purtroppo la carriera dei nostri è sempre stata molto altalenante e quindi non sono mai più riusciti a bissare la genialità del debut album. In un ‘epoca di riscoperte, dopo l’EP del 2012 “
The infinite jest” e il definitivo split up, la
F.O.A.D. Records decide di ridare luce a questo piccolo gioiello italico, pubblicando “
The lost tapes of… Poetical frakscream”, e come di consueto arricchisce questa nuova edizione di tante belle cose. Intanto una nuova veste grafica, sempre con un disegno di
Bonvi, poi un nuovo mixaggio, più potente e definito di quello dell’edizione originale, abbastanza raffazzonato e poco adeguato alla bellezza dei pezzi proposti.
Se questo vi sembra, giustamente, non giustificare l’acquisto, soprattutto se come me possedete già l’LP originale comprato all’epoca, arriviamo ora alle vere chicche di questa ristampa. Innanzitutto la riproposizione integrale del demo di esordio “
Destroy after use”, giudicato da più parti come uno dei 5 migliori demo tape thrash italiani di sempre. Se ancora non vi basta, in coda al bonus CD troverete anche sei brani tratti da un live dell’epoca a Treviso, più precisamente del 1988. E per finire, nella die hard fun edition, un booklet di 12 pagine con foto rare, estratti da fanzine dell’epoca, flyer, e altre rarità.
Non sto qui a parlarvi delle tracce dell’album, perché se vi ritenete metallari, e thrasher in particolare, dovete assolutamente conoscerle a memoria. Vi dico, però, che in definitiva è un’ottima operazione per rendere omaggio ad una delle infinite band italiane dell’epoca (e la lista è veramente lunga, credetemi), che per i motivi più disparati non è riuscita a fare il grande salto (ubicazione geografica, naja, ristrettezze economiche, carenze di strutture (studi di registrazione, live club, etc) nella propria zona, i motivi sono mille) e che avrebbe, invece, meritato tutt’altra sorte. E i brani incisi sono qui a dimostrarlo, senza possibilità di smentita…
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