Un giorno o l’altro dovrò stilare una lista di tutte le band che sono state influenzate (o anche quella dei cloni, che è molto più lunga) dagli Hellemmer/Celtic Frost del primo periodo. Ne uscirebbe un elenco decisamente nutrito, e i
Malleus ci rientrerebbero di diritto. È impressionante quanto i nostri siano del tutto simili alle band del buon
Tom G. Warrior, come sound, come intenzioni, come songwriting. Se non fosse per la voce decisamente più blackosa questo “
Storm of the witchcraft” potrebbero spacciarvelo tranquillamente per materiale inedito degli Hellhammer ripescato in qualche polveroso archivio.
Ascoltate i feedback di chitarra, i riff morbosi e ripetuti all’infinito, le ritmiche di batteria, e ditemi voi se non ho ragione! La differenza la fa, appunto, la voce del singer (non chiedetemi chi sia, non è dato saperlo, visto che della band si conoscono soltanto i nomi dei componenti, e non gli strumenti suonati da ognuno di loro, anche se facendo una ricerca dovrebbe trattarsi di
The Channeler), che è decisamente di estrazione black metal, e può ricordare vagamente quella di
Nocturno Culto. Ed i Darkthrone, insieme i Bathory, rientrano senza dubbio tra le influenze del terzetto americano, che peraltro è sbucato fuori dal nulla ed è arrivato direttamente alla pubblicazione di questo EP, ovviamente autoprodotto, prima che venisse ristampato inizialmente dalla Blood Harvest e successivamente dalla
Regain Records.
Beh, che dire, so già che molti di voi staranno storcendo il naso convinti che in casi come questi si debba parlare di plagio. Io sono un po’ più clemente e parlo di totale devozione alla causa, oltre che di assoluto tributo ai padri fondatori di un certo tipo di metal estremo. E se avrete la pazienza di ascoltare a fondo i brani, troverete comunque una band che sa assolutamente il fatto suo, e nella famosa lista di cui sopra si troverebbero senza dubbio tra i primi posti, se la stilassimo anche in base alle qualità compositive.
Non state qui a chiedermi un track by track perché non avrebbe assolutamente alcun senso farlo. Il dischetto va ascoltato tutto di un fiato e va preso per quello che è, e cioè un sentito tributo alla scena estrema dei primissimi anni ’80, dal sound al look alle grafiche. Inutile e stupido sarebbe cercarvi dell’altro, non lo si troverebbe neanche dopo 100 ascolti. E in fondo è giustissimo così. L’intento della band era questo, e ci sono riusciti appieno. Certo, nulla che faccia gridare al miracolo, ma in questo periodo di prodotti finti e plasticosi, costruiti a tavolino solo per vendere qualche copia, ben vengano band come i
Malleus, sicuramente derivativi, ma altrettanto veri e portatori sani di attitudine metal, quella di una volta, quella che, purtroppo, oggi giorno quasi non esiste più. Viva l’underground!
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