Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:62 min.
Etichetta:Exile on Mainstream
Distribuzione:Wide

Tracklist

  1. FREAK WAVES
  2. DISJOINTHEAD
  3. VIVID
  4. HEDONOPHOBIA
  5. NOISEPICKER
  6. STEP THE MIND GAP
  7. SPINE TRANSFER
  8. LEAVING THE CHEMOSPHERE

Line up

  • Heck Armstrong: vocals, guitar
  • Jimm Ogawa: guitar
  • Elena Jane: bass
  • Gareth Millsted: drums

Voto medio utenti

Gli esperti del genere stoner ricorderanno senz’altro i due ottimi albums realizzati dai britannici Hangnail (“Ten days before summer” e “Clouds in the head”), formazione che venne alla ribalta con la prima ondata di questo movimento nella seconda metà degli anni ’90. Pur avendo ottenuto i generali favori della critica che prevedeva per loro un positivo futuro, da lungo tempo era però sceso il silenzio su questa band. E’quindi con una certa sorpresa che ritroviamo i suoi due componenti principali, il leader Heck Armstrong ed il chitarrista Jimm Ogawa, sulla linea di partenza con un nuovo progetto dal bizzarro nome ispirato ai videogames: End of Level Boss.
Al momento ignoriamo le vicende che hanno portato a tale sviluppo, mentre l’unica certezza è che i segnali di continuità con il passato sono ridotti ai minimi termini. Infatti dove gli Hangnail erano ariosi, con ampi tratti morbidi e spaziali ed influenze settantiane nel rispetto di una matrice stoner-rock europea, gli End of Level Boss si presentano serrati ed oscuri, densi e spigolosi, complessi e votati ad un sound che esibisce forti componenti metal e richiami ai primi Soundgarden.
Sin dall’iniziale, ombrosa, pesante, “Freak waves”, i cambiamenti stilistici appaiono subito tanto evidenti quanto marcati. Un rifferama torbido e potentemente heavy che nelle sue frequenti variazioni incorpora perfino elementi di thrash evoluto, sulla linea dei Voivod epoca “Angel rat”, si sposa con atmosfere plumbee e cariche di mistero talvolta contornate da striscianti tentacoli hypno-orientaleggianti, come ad esempio nell’esaltante dilatazione di “Disjointhead” dove incontriamo anche lunghe e prelibate aperture psichedeliche che sono il tratto d’unione con il mondo stoner.
Dunque strutture piuttosto intricate ed in costante mutamento, nelle quali si scoprono nuovi punti di vista ad ogni ascolto pur senza sconfinare in temi eccessivamente cerebrali, una serie di brani attraversati da una palpabile tensione minacciosa, una vibrazione in sottofondo che parla di violenza e disperazione, che sposta il suono in un territorio ibrido, trasversale, affascinante ma sfuggente.
Si susseguono infatti puntate nel territorio di un metal astioso, contorto ed abrasivo (“Vivid, Noisepicker”), altre con aspetti visionari e sperimentali psycho-progressivi sorretti però da ritmiche compatte e convulse (“Hedonophobia, Spine transfer”) ed altre ancora brillantemente heavy-space grazie ad un gelido chitarrismo ad alto tasso lisergico simile a quello dei Beaver (“Step the mind gap”), ma la sensazione dominante è quella di un flusso unitario, continuativo, sottilmente sinistro e feroce, dove l’importanza di ogni singolo episodio soggiace all’impatto complessivo.
Non c’è dubbio che questo gruppo si sia avviato su strade non troppo battute costruendo uno stile attraverso le barriere tra i generi. Dal metal proviene la tagliente varietà e lo spessore del rifferama, ribadendo l’importanza degli echi voivodiani, dal grunge delle origini l’intensa scenografia drammatica, dal doom la cappa di tetra spiritualità che sovrasta il lavoro, dallo stoner le ammalianti algide fughe cosmiche, un’attitudine heavy a trecentosessanta gradi che necessita di un po’di tempo per essere digerita ma alla fine cattura proprio per la sua ambizione di evitare schemi prevedibili.
Armstrong ha sicuramente fatto centro con la sua nuova creatura, a mio avviso potenzialmente anche superiore alla precedente. Resta da migliorare la scorrevolezza di certi passaggi e da incrementare l’aspetto melodico, ma già così gli End of Level Boss sono da inserire tra le migliori sorprese dell’anno in corso.

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