Per descrivere il debutto sulla lunga distanza dei
Lipz si può tranquillamente tirare in ballo il diffuso
revival ottantiano che ormai da un po’ sta alimentando molta della produzione
rockofila contemporanea, ma allo stesso tempo è necessario anche evidenziare quanto il loro
glam-metal, pur molto “codificato”, rappresenti un inebriante esercizio di freschezza sonica, capace di conquistare al primo contatto gli estimatori di
Alice Cooper, Kiss, Mötley Crüe, Ratt, Poison, Crazy Lixx e Reckless Love, in un percorso di “assimilazione” delle varie epoche del genere assai fruttuoso e disinvolto.
Con un
look che rimanda la memoria ai fasti selvaggi e decadenti di “
Shout at the devil”, gli svedesi dimostrano una notevole preparazione tecnico-interpretativa, che si esprime attraverso trame armoniche intriganti e catalizzanti, in cui grinta e colore melodico sanno poi esplodere in quei cori “grossi” e “fragorosi” così importanti per garantire l’effetto “presa rapida” in ogni circostanza d’ascolto, con una particolare predisposizione alle attività “dal vivo”.
In “
Scaryman” troverete dunque una sequenza pressoché ininterrotta di calamitanti
anthems, a partire (dopo la cinematografica
intro “
The awakening”) dalla sua "spaventosa"
title-track, in grado di conficcarsi con spiccata facilità nella corteccia cerebrale di ogni appassionato del settore.
L’ammaliante svolgimento di “
Star” e le seducenti pulsazioni di "
Get up on the stage” proseguono con vivacità ed efficacia l’operazione di soggiogamento sensoriale, il quale, ne sono fermamente convinto, con le scintillanti cromature vagamente Scorpions-
iane di “
Fight” e la sinuosa ruvidezza “stradaiola” di “
Get” it on” potrà dirsi del tutto compiuto.
Una volta assoggettati al “verbo” del
Lipz-
sound, non sarà per nulla agevole liberarsi dalla sua attanagliante morsa, anche perché il programma riserva ancora la feconda “ruffianeria” di “
Falling away”, una sferzante “
Tick tock” e la ficcante melodia di “
Trouble in paradise”, tutta “roba” di notevole suggestione, che non consente distrazioni di sorta.
Lo
sleaze-rock acustico “
Everytime I close my eyes” è l’ultima scossa emotiva della raccolta, la degna conclusione dell’opera prima di un gruppo che fa dell’istintività e della brillantezza espressiva le sue migliori prerogative, aggiungendo al quadro complessivo una “speciale” e rara capacità nel rendere adescanti e ricreative le composizioni senza incorrere nel fastidioso manierismo.
Potranno verosimilmente “crescere” ancora, magari ampliando ulteriormente la varietà delle soluzioni interpretative, e ciononostante ritengo fin da ora i
Lipz una delle “promesse” più interessanti della “scena”, non a caso “scoperta” da una delle migliori realtà discografiche emergenti di questo nostro asfittico
rockrama … complimenti sinceri a entrambi.
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