Negli anni 80, un nuovo album dei
Saxon non è certo qualcosa su cui soffermarsi cinque minuti per poi passare alla prossima uscita. Le deflagrazioni di "
Wheels Of Steel", "
Strong Arm Of The Law" e "
Denim & Leather" sono ancora carne fresca, tuttavia i gusti del pubblico restano un magma in perenne definizione.
Ratt,
Motley Crue e
Dokken iniziano a bussare alle porte dei discografici che contano e, dopo determinate vendite da capogiro, le sfondano direttamente a calci.
Ovviamente non siamo ancora nell'era del globalismo ebete, tuttavia i segnali di fumo da Oltreoceano non lasciano spazio a dubbi. Occorre una svolta, perché il furore pirico dei primi dischi non può essere preservato in frigorifero per poi utilizzarlo all'occorrenza.
"
The Power And The Glory" e "
Crusader", nonostante una qualità ed un mestiere indiscussi, non possono assolutamente reggere il confronto con i loro dinamitardi predecessori, ed anche un tour assieme ai succitati Motley Crue contribuisce alla scelta artistica di "
Innocence Is No Excuse". La copertina, ammiccante ma di classe, non ha più nulla a che vedere con l'iconografia tipica del gruppo, ed il contenuto musicale ne certifica la svolta. Non che i Saxon siano diventati una glam metal band, ci mancherebbe, tuttavia la cura per la melodia e l'attenzione verso gli arrangiamenti diventano un elemento prioritario da affiancare al songwriting dell'album. Dice
Byff Byford: "
Non sapevamo come intitolarlo, avremmo potuto optare per una delle dieci canzoni, ma nessuna ci sembrava all'altezza. Il magazine Sounds ne parlò molto bene, Kerrang! lo definì addirittura come il nostro lavoro migliore dal 1981. Forse ci fu un po' di manipolazione a livello di produzione, ma il disco ottenne un grande successo. Ed il tour coi Pretty Maids fu fantastico".
C'è ben poco da aggiungere sulla bontà di un lotto di tracce che rinfrescano non poco lo stile del gruppo, pur mantenendone intatta l'anima graffiante ed epidermica. L'apripista "
Rockin' Again" approccia l'ascoltatore in virtù di un flavour evocativo, marziale ed elegante, con delle frugali tastiere in sottofondo a parzializzare l'impatto di strofe e refrain. L'altro episodio epico, nonché una delle più grandi songs mai composte dai Saxon, apre invece il lato B: sto parlando di "
Broken Heroes", con quell'arpeggio fatato che introduce il cantato di un Byford quanto mai coinvolto ed emozionante. Il chorus, poi, è da annoverare tra le meraviglie del decennio di riferimento, alla voce heavy metal. Una canzone come "
Back On The Streets", col suo riff essenziale e le melodie dal facile impatto, confermano le parole di Byff: "
avremmo dovuto lavorare con John Mutt Lange per 'Innocence Is No Excuse', ma poi la EMI decise altrimenti, ed il disco venne affidato a Simon Hanhart".
Non propriamente la stessa cosa rispetto ad uno che aveva contribuito fino ad allora, ed in modo determinante, al successo di alcuni tra i best-seller di sempre come "
Back In Black" (
AC/DC) o "
Pyromania" (
Def Leppard). Tuttavia il 33 giri non suona affatto male, anzi; il potenziale di una "
Rock'n'roll Gypsy" o di una "
Call Of The Wild" viene ampliato come Dio comanda, pur non raggiungendo ovviamente i picchi degli esempi succitati. Non mancano bordate tipicamente "Sassoni", vedi "
Devil Rides Out" oppure "
Everybody Up", un pezzo talmente incendiario da intimare il pubblico da casa ad alzarsi e sbattere la capoccia. Nella conclusiva "
Give It Everything You Got" viene addirittura reso omaggio ai selvaggi
Van Halen di "
Hot For Teacher", con quella ritmica incalzante a menare le danze, ed a strizzare l'occhiolino alla platea americana.
Il percorso artistico di "Innocence Is No Excuse" verrà prolungato dall'alterno "
Rock The Nations" (lato A strepitoso, lato B claudicante), ma soprattutto dal bellissimo "
Destiny". Tuttavia il pubblico non gradisce i Saxon in queste vesti da gran gala, preferendo suoni più cattivi e ruspanti.
E verrà presto accontentato.