Secondo disco della Abnormal Crew e seconda porcata immonda. Sto iniziando a credere che sia un circolo di burloni che si spacciano per artisti, perché altrimenti non si spiegherebbe la portata memorabile dell'immondizia sonora che stanno dispensando tutto intorno.
Stavolta tocca ad una band talmente inutile e farlocca che mi scoccio anche di scrivere il moniker (tra l'altro lunghissimo e ridicolo allo stesso tempo, potete leggerlo sopra), perché questo disco ha la capacità di farti scendere i coglioni fin sotto i piedi.
Due tizi che spacciano ancora una volta la propria musica per arte, definendosi il progetto più allucinante della storia della musica (e qui ci scappa un rutto fragoroso), citando decine di influenze che attraversano praticamente tutti i generi estremi, fino a creare quello che essi stessi definiscono come "l'album più estremo, vario e malato della storia" (stavolta è il nostro intestino ad emettere suoni sordi e molesti). Il loro intento dichiarato è quello di provocare le persone chiuse di mente che non ammettono l'evoluzione in musica, camuffando così il fatto che non sappiano tenere in mano nemmeno un citofono con la pretesa di aver creato il disco interamente al computer.
Sono tutti bravi a sedersi dietro una tastiera e tirare fuori qualche beat e qualche rumore indistinto, e spacciarlo per brutal indutrial o qualche altra pittoresca definizione.
Ancora una volta non ci facciamo incantare, e invitiamo i nostri a fare meno i cattivi da asporto, a giocare un po' meno con i computers e ad imparare a suonare almeno uno strumento, magari anche il triangolo.
Peggio di così non so immaginare. Semplicemente ridicoli e risibili.