Hungryheart - Hungryheart (Ten Years Anniversary Deluxe Edition)

Copertina 8

Info

Anno di uscita:2018
Durata:62 min.
Etichetta:Tanzan Music

Tracklist

  1. ROCK CITY
  2. STEALING THE NIGHT
  3. RIVER OF SOUL
  4. HANG ON TO ME
  5. THE ONLY ONE
  6. INNOCENT TEARS
  7. SHADOWS
  8. HARD LOVIN’ WOMAN
  9. BREATH AWAY
  10. IT TAKES TWO
  11. GINA
  12. RIVER OF SOUL (2018 REVISITED)
  13. THE ONLY ONE (2018 ACOUSTIC VERSION)

Line up

  • Josh Zighetti: vocals
  • Mario Percudani: guitar, backing vocals, lead vocals on #04
  • Lele Meola: bass
  • Emilio Sobacchi: drums
  • Stefano Scola: bass on tracks #12, #13
  • Paolo Botteschi: drums, percussion on tracks #12, #13

Voto medio utenti

Considero l’esordio omonimo degli Hungryheart un momento molto importante per le sorti della cosiddetta Italian Wave Of Melodic Rock, un’evidente conferma di come anche la nostra Italietta fosse in grado di competere con lo strapotere anglosassone e scandinavo del settore senza alcun timore reverenziale.
Consapevoli che i tempi delle “scuse”, sebbene in parte legittime (inadeguatezze tecniche, invidie e ostruzionismi vari, …), erano ormai ampiamente finiti, quattro ragazzi del Lodigiano concentrano nella loro “opera prima” amicizia, catarsi, istinto e innegabile talento e nonostante un budget ridotto e qualche fatale ingenuità sfornano un albo di notevole qualità, che evidenzia subito le doti di Josh Zighetti, cantante di grande espressività e Mario Percudani, chitarrista dal gusto sopraffino, edificato sugli insegnamenti di maestri del calibro di Pete Lesperance, Steve Lukather, Dann Huff e Eddie Van Halen.
Completato da una funzionale sezione ritmica (composta da Lele Meola ed Emilio Sobacchi) il gruppo sfoggia un songwriting incisivo e ammaliante, che mescola con disinvoltura hard-rock e AOR, in un crogiolo da cui si scorgono nitide ed effigi di Van Halen, Giant, Bad English e Whitesnake, per una volta tutte “sorridenti”, felici di aver contribuito a ispirare una formazione così ricca di temperamento.
Dal 2008, anno dell’uscita originaria del disco, a oggi, i nostri sono maturati in maniera considerevole e il loro curriculum si è enormemente arricchito di esperienza e di collaborazioni prestigiose, ma se volete capire come tutto è iniziato e come la loro destrezza superiore fosse evidente fin da quei primi passi non ancora pienamente “sicuri”, il mio consiglio è di festeggiare con la band il decennale di quel debutto, sfruttando questa sua riedizione arricchita da una diversa versione della bluesyRiver of soul” e dalla trascrizione acustica della splendida “The only one”, entrambe eseguite dall’attuale line-up (e cioè con Stefano Scola al basso e Paolo Botteschi dietro ai tamburi) degli Hungryheart.
Due brani che sono qualcosa di più di una semplice “esca” per collezionisti e dimostrano quanto stesure musicali già assai affascinanti possano essere brillantemente manipolate proprio grazie ad un’evoluzione artistica costruita attraverso l’eccellente “One ticket to paradise” e approdata a “Dirty italian job”, l’apice, finora, di una favolosa “storia” italiana, diventata meritatamente internazionale.
Detto ciò, non rimane che fare un piccolo salto indietro nel tempo, per accorgersi di quanto la bellezza di “Stealing the night”, “Innocent tears” (un po’ alla “Here I go again”), “Hard lovin’ woman”, “Breath away”,“It takes two” e “Gina” (pregevole cover di Michael Boltonehi, Mario, ricordati che mi aspetto un analogo trattamento per “Can't turn it off”!) sia rimasta intatta, intrisa di una passione, un’esuberanza e di una voglia di “spaccare” invidiabili.
Caratteristiche che fortunatamente non si sono perse neanche con la “crescita” e che ci fanno attendere con ansia un nuovo lavoro degli Hungryheart … per ora, auguri di cuore, ragazzi, e come dico sempre (io e “qualcun altro”, in realtà …), mi raccomando, don’t stop believin’!
Recensione a cura di Marco Aimasso

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