Droid - Terrestrial Mutations

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2018
Durata:62 min.
Etichetta:Shadow Kingdom

Tracklist

  1. AMORPHOUS FORMS (SHAPELESS SHADOWS)
  2. SUSPENDED ANIMATION
  3. ABANDONED CELESTIAL STATE
  4. TERRESTRIAL MUTATION
  5. PAIN OF REINCARNATION
  6. TEMPTATIONS OF TERMINAL PROGRESS
  7. COSMIC DEBT
  8. EXCOMMUNICATED
  9. MISSION DRIFT

Line up

  • Jacob Montgomery: vocals, guitar
  • Chris Riley: bass
  • Sebastian Alcamo: drums

Voto medio utenti

Fa sempre piacere notare come un gruppo strepitoso, ma che non è mai riuscito ad abbandonare del tutto lo status di cult band come i Voivod, abbia negli anni tirato su un numero considerevole di epigoni. Tra tutti quelli partoriti sinora, i Droid sono sicuramente i più credibili ed i più validi!

Se calcoliamo che Terrestrial mutations è il loro esordio e che sono in giro da appena sei anni, la cosa appare ancora più sorprendente, ma di certo non può bastare a confermare la mia affermazione d’apertura. Perché dico che i connazionali di Away e Snake sono una spanna più sopra di tanti altri gruppi che hanno deciso di seguire le loro stesse orme? Per un semplice motivo: pur essendo chiarissima l’ispirazione dei Voivod, i brani del terzetto di Brampton riescono a vivere di vita propria, hanno una propria personalità, e dimostrano che i Droid sono riusciti a mettere in pratica quanto imparato, ma al tempo stesso sono riusciti a costruirsi un loro stile.

Non sto qui a negarvi che spesso e volentieri sembra quasi di ascoltare delle outtakes di qualche vecchio disco dei Voivod, ma, come già accennato, i nostri riescono a rimodulare la formula vincente che li ha influenzati, e plasmarla a loro piacimento a seconda dei momenti, spaziando da momenti più atmosferici ad altri più spaziali ad altri più spiccatamente thrash, senza mai perdere di vista la via maestra.

Certamente l’ispirazione è riscontrabile anche nell’immaginario fantascientifico e nei testi, ma questo ci può stare. Ciò che importa è che l’album scorre via che è una bellezza, dimostrando come la tecnica vada sempre messa al servizio della canzone. Non ci sono mai, infatti, virtuosismi esasperati, nonostante il trio dimostri una tecnica di sicuro sopra la media. Ottime le soluzioni ritmiche di Sebastian Alcamo e del nuovo ingresso Chris Riley, sulle quali Jacob Montgomery può tessere in tutta tranquillità le sue trame chitarristiche (forse la cosa che più delle altre si avvicina all’originale), forte di una base solida e variopinta. Non male anche la sua prova dietro il microfono. Nulla di trascendentale, stiamo parlando di una voce comunissima, nessun asso del microfono, ma le melodie si incastrano perfettamente negli intricati riff.

Insomma, penso abbiate capito con cosa avete a che fare, quindi senza stare qui a farvi il classico track by track, posso in tutta tranquillità dirvi che Terrestrial mutations è un signor disco, un ottimo esordio, e fa ben sperare per il futuro del cosiddetto technical thrash metal. Soprattutto fin o a quando il Canada continuerà, incredibilmente, a sfornare fenomeni di questo livello!
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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