Pur avendo ampiamente gradito i The Oath, mi ero colpevolmente perso questi
Lucifer, nuovo progetto della dotatissima cantante
Johanna Sadonis, all’insegna di un
doom-metal occulto ed esoterico.
Dopo un esordio sostenuto dall’autorità del settore
Gaz Jennings (Cathedral), per questo secondo lavoro, didascalicamente intitolato “
Lucifer II”, la brava
Johanna ha trovato in
Nicke Andersson (Entombed, Imperial State Electric, The Hellacopters) un nuovo importante
partner, con il quale ha leggermente alleggerito le sonorità del debutto, avvicinandosi ulteriormente a un trend piuttosto florido e diffuso, che vede Blood Ceremony, Jex Thoth, Avatarium e i nostri Psychedelic Witchcraft tra gli interpreti principali.
Una volta appurata l’adesione a tale fortunata tendenza e accantonati per un attimo i sospetti di “opportunismo”, non ci resta, dunque, che immergerci con fiducia in un disco che, pur senza indomite scintille “sovversive”, si lascia apprezzare, oltre che per la magnetica voce della
Sadonis, anche per un gusto compositivo spesso vincente e coinvolgente, capace di mescolare le “solite” influenze (Black Sabbath, Coven, Jefferson Airplane, Blue Oyster Cult, Fleetwood Mac, …) con abilità e misura, evitando il più classico degli “effetti parodia”.
Forse non tutto l’albo si mantiene sugli stessi livelli artistici e talvolta durante l’esposizione sonica si avverte appena un pizzico di “programmazione”, ma è al contempo innegabile che il
pathos delle composizioni è quasi sempre piuttosto spiccato e che per questo motivo la “rivisitazione” di temi ampiamente collaudati appare comunque efficace e intensa.
Un intrigante viaggio immaginario lungo i sentieri dello
psych-rock-doom che inizia con una suggestiva tappa al
Fillmore West di
S. Francisco, in cui assistere a una
jam tra
Sabs, Steppenwolf e
'Airplanes (“
California son”), per poi proseguire con una sosta nei luoghi del pensiero dove s’incrociano sogno e fosche realtà (“
Dreamer”) e terminare il primo scorcio del fascinoso itinerario tra le braccia di
Stevie Nicks, per l’occasione
front-woman di una singolare versione dei B.O.C. (“
Phoenix”).
Si continua con un esplicito omaggio al mito (“
Dancing with Mr. D”, riuscita cover dei Rolling Stones opportunamente indurita e “scurita”), una visita alla conturbante dimora della nera mietitrice (“
Reaper on your heels”) e, già che ci siamo, un veloce salto negli inferi (“
Eyes in the sky”), ammaliati dal canto di una vera sirena delle tenebre.
Cosa c’è di meglio, a questo punto, per rinfrancare lo “spirito”, di un locale impregnato di fumo, luci psichedeliche e suadenti suoni
hard-blues (“
Before the sun”)? Forse solo una melodia fluttuante che si conficca nella corteccia cerebrale (“
Aton”) e una “botta” di pura arte Sabbath-
iana (“
Faux Pharaoh”), scolpita nei
riff di piombo delle chitarre e animata dalle ancestrali apparizioni evocate dalla seducente laringe di
Johanna.
In conclusione, se da un lato non si possono non riconoscere i notevoli meriti espressivi, tecnici e attitudinali dei
Lucifer, rimangono altresì obbligatori alcuni dubbi sulla “tenuta” di una formula molto godibile eppure ormai abbastanza standardizzata e priva di autentiche “sorprese” … mentre ci poniamo tali imperscrutabili interrogativi, cataloghiamo “
Lucifer II” tra le produzioni discografiche d’indubbio interesse del 2018.