Il caso vuole che in questo 2018 mi siano capitati fra le mani diversi album provenienti dall’Australia; dopo avervi parlato delle ultime fatiche di
Vomitor, Grave Upheaval e Nocturnal Graves, questa volta è il turno di introdurvi i
Cemetery Urn, band dalla storia travagliata – dopo i primi due album pubblicati una decina di anni fa c’è stato un lunghissimo periodo di silenzio interrotto dall’uscita del cd omonimo lo scorso anno – che vede militare fra le propria fila membri appartenuti ad altre grandi realtà del continente downunder quali
Bestial Warlust ed
Abominator.
Scritto e pubblicato dopo non aver fatto passare un anno dalla pubblicazione del precedente,
“Barbaric retribution” è un solido e ruvido album di death metal capace di trasmettere già dai primi brani tutta la carica rabbiosa che contiene. Un lavoro che trae origine dallo stesso putrescente humus musicale che da anni nutre (con risultati eccellenti) la vena compositiva degli
Incantation, band a cui più volte i
Cemetery Urn sono stati accumunati nel corso della propria carriera.
Per chi vi scrive, la creatura di
John McEntee ha da sempre la capacità innata di macinare riff ipnotici e morbosi ogni qual volta decide di tirare su il piede dall’acceleratore, cosa che invece non si ritrova nella band australiana la quale, da parte sua, nelle parti più rallentate preferisce l’utilizzo di note lunghe come rasoiate.
Con queste parole non intendo affatto sminuire il contenuto di “
Barbaric retribution”, ma tenevo a sottolineare che pur essendoci dei punti di contatto, gli aussie non sono una band clone.
Colpisce durante l’ascolto l’abilità dei
Cemetery Urn di variare registro senza perdere un grammo di impatto: prendete ad esempio la sofferta
“Putrefactio manifesto”, col suo incedere lento e ossessivo, oppure
“Victim defiled”, dalla personalità aggressiva e veloce, nella loro differenza si accumunano per la barbarie – mi si perdoni il gioco di parole - che trasmettono. Peccato solo che dalla registrazione non emerga il suono del basso, le cui frequenze si avvertano flebilmente soffocate dal suono secco optato per le chitarre.
Anche nella parte finale il disco non presenta cali di tensione,
“Tendrils of defilement” è una canzone molto buona che chiude il cerchio con la violenza con cui si era aperto il cd, segno di una qualità costante del materiale ivi contenuto.
Per chiudere, la band australiana sarà in quel di Rozzano il prossimo 11 settembre in tour coi
Necrowretch per quello che si preannuncia un malevolo concerto di sano death metal. A buon intenditor…
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