Prima di iniziare con questa recensione voglio sgombrare il campo dagli equivoci: il titolo - che meriterebbe il Nobel come trovata nerd dell'anno- e la mascotte della band, "the migthy Saibot" (che continuo a ritenere una sottile presa per il naso al buon Sammet, del cui nome di battesimo è anagramma....) sono le uniche cose degli statunitensi
Helion Prime che si possono prendere alla leggera e su cui si può scherzare.
Perchè poi, quando si inizia a parlare di musica ed in special modo del nuovo disco "
Terror of the Cybernetic Space Monster" (
AFM Records), il sorriso vagamente supponente scompare dal viso lasciando il posto ad espressioni di ammirato stupore.
Superati gli ovvi imbarazzi e le piccole imperfezioni dell'omonimo debut album e reclutato
Sozos Michael dietro il microfono al posto della pur brava Kayla Dixon, la band ha preso coscienza e dispiegato il proprio valore.
Il songwriting - non più a carico esclusivo del chitarrista e membro fondatore
Jason Ashcraft ma condiviso con
Michael- pur continuando a miscelare scienza e fantascienza, si è fatto più incisivo e complesso mentre la produzione (affidata alle sapienti mani di
Lasse Lammert agli LSD Studio) rasenta la perfezione con suoni potenti, asciutti e precisi.
Nonostante la durata del platter sfiori i 60 minuti non si avvertono cali nè momenti di stanca nei 9 brani che lo compongono tra i quali segnaliamo in ordine sparso la potente ed epica "
A King is born" - che grazie alla voce incredibile di
Sozos ed al riffing memorabile si candida come top song del disco- oppure l'anthemica "
Bury the sun" resa elettrizzante da quell'elicottero seduto dietro le pelli.
Uno dei punti di forza degli
Helion Prime infatti è la sezione ritmica composta da
Jeremy Steinhouse al basso e dal drummer
Alexander Bosson, un duo micidiale che riuscirebbe a far diventare potente persino un brano di Amedeo Minghi.
Notevoli e degne di menzione anche la più facile "
Spectrum" con il suo flavour decisamente radio oriented o la solidissima "
The Human Condition" che dimostra come -se ci sono pacca e palle fumanti- si possa fare un brano power trascinante ed epico anche senza metterci il coro dei Cosacchi di Vattelapesca.
Chiude degnamente il disco la lunghissima title-track, un condensato delle peculiarità della band (melodia, potenza e tecnica) arricchito dalla presenza di
Brittney Hayes degli Unleash the Archers.
Il futuro del power metal -e non solo- passa anche da gruppi come gli
Helion Prime, una band che alla luce di quanto espresso promette di essere una forza con cui molti grandi nomi dovranno presto misurarsi.
Helion Prime - "
A king is born"
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