Undici anni non sono certamente pochi, specie in un mondo discografico come quello odierno dove si viene accantonati dopo poche settimane di assenza dalle cronache. Se poi questi undici anni servono a far dimentare un (anzi, due) album deludente come "
Spiritual Apocalypse", praticamente autoprodotto dalla band ne 2007, capiamo come il compito dei
Monstrosity fosse a dir poco arduo.
Una band leggendaria che eppure nel proprio blasone, fatto di esordi monumentali come "
Imperial Doom" del 1992, una pietra miliare del death metal, e di dischi come "
In Dark Purity", fra i migliori di sempre di tutto il genere, ha commesso moltissimi passi falsi, complice il supporto pressochè nullo delle maggiori label, cambi di formazione decisamente elevati e non sempre in meglio (anzi...) e scelte di songwriting fin troppo autolesionistiche, con una virata su territori troppo lenti e cadenzati che hanno tolto quel dinamismo e quella violenza tecnica con il quale li avevamo conosciuti ad inizio '90, una sorta di
Cynic spogliati di tutti gli eccessi e gli sbrodolamenti autoreferenziali a vantaggio di un death metal illuminato.
Anche il nuovissimo "
The Passage of Existence" di difetti che potevano essere tranquillamente evitati con un'attenzione maggiore ne ha in abbondanza: in primis la produzione piuttosto fiacca. con suoni poco incisivi, chitarre innocue, voce troppo "davanti"... unico lato positivo, assente del tutto quell'effetto "sneap" causato dall'ipercompressione che per una volta ci viene risparmiata. Quella voce piazzata poi in primo piano non è peraltro uno dei punti forti dei Monstrosity ed appartiene al simpatico
Mike Hrubovcak, ormai da più di dieci anni nei Monstrosity ma che fa ampiamente rimpiangere due autentici fuoriclasse come
Fisher e lo spaventoso e sottovalutato
Avery.
Detto questo, "The Passage of Existence" non è affatto male: mi ci sono approcciato con molta diffidenza, avendo letto pareri assai contrariati di persone che stimo dopo aver ascoltato i primi due singoli rilasciati durante l'estate, ed ammetto che pensavo ad un mezzo disastro.
Invece no, quello che più dispiace è che ci sia proprio un'alternanza qualitativa dei brani, alcuni che ci fanno saltare sulla sedia, altri che mancano completamente di fervore ("
The Hive") ed anzi hanno l'appesantimento di essere forzatamente prolissi, come "
The Proselygeist", che sembra essere tratta dal lavoro precedente, e non è un complimento.
In generale si ha l'impressione che i Monstrosity abbiano alleggerito troppo il tiro, se la direzione musicale fosse stata quella di brani come "
Solar Vacuum", uno dei pochi peraltro dove il leader Lee Harrison, forse distratto dal suo lavoro alla chitarra nel prossimo album dei
Terrorizer, dimostra il proprio indiscusso valore dietro la batteria, tutto il disco ne avrebbe giovato non poco; invece più di una volta - e mi rendo conto che questo è un pensiero che verrà unicamente da chi concepisce la metal estremo come un qualcosa al di la' della musica - se ci si ferma ad ascoltare con attenzione si percepisce la totale assenza di malvagità e di "estremismo", vuoi per la suddetta produzione, vuoi per il drumming non incisivo, vuoi per la prestazione di
Mark English che praticamente fa un
Santolla in versione light (che pure appare sul nuovo
Deicide che vi preannuncio incredibilmente buono!) e che certamente non nasconde di non essere un patito di death metal, ornando i brani con i suoi begli assoli in stile neoclassico-maideniano, insomma metteteci tutto quanto ma potete tranquillamente dimenticarvi rasoiate letali come "
Suffering to the Conquered" o "
Dream Messiah".
Alla luce del nuovo album, e quello che sto per scrivere mi suona come una bestemmia, vado un po' a reinquadrare la dimensione dei Monstrosity nel panorama death metal mondiale: i primi 3 album non si toccano e non si discutono, ma un decente "
Rise to Power", un brutto "
Spiritual Apocalypse" e questo "
The Passage of Existence", che non mi sento di bocciare e che reputo comunque superiore al proprio predecessore, abbassano di parecchio quell'aura di misticismo che aleggiava un tempo quando solo ti azzardavi a nominare la parola
MONSTROSITY.
Ci vogliono concentrazione, cattiveria e convinzione per tornare ai fasti di un tempo, ammesso che se ne abbia l'intenzione: ascoltare sconsolati l'inizio di un brano come "Century" ci da' una risposta che non ci piace ma che dobbiamo accettare.