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Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2023
Durata:45 min.
Etichetta:Peaceville Records

Tracklist

  1. PHANTASM
  2. HEARSES
  3. POSSESSED
  4. BELOW
  5. BLASPHEMER
  6. RISE
  7. ECLIPSE
  8. WINGS
  9. WOLF
  10. A BLAZE IN THE NORTHERN SKY
  11. TRIDENT

Line up

  • Ted Skjellum: guitars
  • Dag Nielsen: bass
  • Fenriz: drums
  • Ivar Enger: guitars

Voto medio utenti

Questo è un disco che sulle prime mi ha lasciato un po' dubbioso, perché mi sembrava una classica operazione commerciale da parte della Peaceville nel battere il martello finchè è caldo dato che il nuovo album dei norvegesi è uscito da Ottobre.
Questo disco non è il "Goatlord" che conosciamo pubblicato in origine dalla Moonfog nel 1996, è una versione inedita, totalmente strumentale saltata fuori dai nastri originali di Fenriz del 1991 e che dava la fotografia di com’erano al tempo i brani concepiti per il seguito di “Soulside Journey” prima che si decidesse di stravolgere il tutto e cambiare non solo direzione musicale ma soprattutto etica diventando un’icona black metal col mastodontico secondo lavoro.
La qualità sonora è rimasta quella del tempo, produzione sporca, lontana dal suono swedish del debutto e si passa dall’up tempo di “Phantasm” con rallentamenti mortiferi e cambi di tempo alla doomy “Hearses” con il basso ben in evidenza e uno scarto ritmico veloce.
Below” dopo un arpeggio prende il via un up tempo dal sapore malsano dove il death metal viene integrato dal doom ma con sfuriate veloci a dare dinamicità al tutto.
Qui abbiamo persino una versione di “A blaze in the northern sky” totalmente diversa da quella che compare nel disco del 1992; partenza lenta con qualche stonatura e una melodia sinistra per poi diventare un ritmo cadenzato segnato dal suono dei piatti e dalla cassa con rullate e cambi di tempo veloci fino a rallentare ancora.
Disco che è indirizzato soprattutto ai collezionisti e serve a completare un puzzle di come i Darkthrone sarebbero potuti diventare se non ci fosse il cambio repentino di pelle che portò oltre, ma gli altri lascino stare.
Recensione a cura di Matteo Mapelli

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