Conservavo un buon ricordo dei
Cold Night For Alligators.
"Course Of Events" mi aveva convinto per il coraggio, l'approccio moderno, l'equilibrio e la capacità di sintesi.
La seconda prova è sempre insidiosa, inutile negarlo, e spesso le band - colte da "ansia da prestazione" - sono naturalmente portate a estremizzare quegli aspetti caratterizzanti il loro esordio. Ed è proprio in quel momento che qualcosa - ahimè - si rompe.
"Fervor" non è un brutto album, ma è, a suo modo, "scontato": si urla di più, si suona di più, i brani sono un po' più lunghi e la carne sul fuoco è (ovviamente) di più. Solo con le idee di
"Violent Design" e di
"Soulless City" ci si potevano fare almeno 4 o 5 brani. Penso a
ONI e
Periphery ascoltando
"Drowning Light" e
"Canaille", mentre
"Black Swan" è una gran bella sorpresa grazie al suo ritrovato - e sopraccitato - equilibrio di aggressività e melodia.
Come se non bastasse ci sono sonorità epiche ed opprimenti (
"Nocturnal", "Wilderness"), momenti "deliranti" (l'intermezzo di
"Get Rid Of The Walls"), omaggi agli ultimi
The Ocean (
"Coloured Bones") e un interessante commiato - ma riuscito a metà - che definirei "ibrido" (la teatrale e cinematografica
"Infatuated").
A un passo dall'indigestione.
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