C’è la mano di
Simone Mularoni dei
DGM (e si sente) nel nuovo album degli
Ethernity, band belga dotata ma non del tutto convincente.
Dopo una traccia introduttiva abbastanza scontata (
“Initialization”), è il sound consolidato a cavallo tra power e progressive metal - con alcune (timide) accelerazioni di scuola death - della titletrack a farci capire di che pasta sono fatti questi sei ragazzi. Non dispiace la voce di
Julie Colin, graffiante e non lirica, anche se mai veramente incisiva (
“Mechanical Life”) o creativa (la successiva
“Grey Skies”). Se
“Beyond Dread” rimanda a dei
Within Temptation senza orchestrazioni,
“Artificial Souls” strizza l’occhio alla scuola nostrana di
Labyrinth e
Vision Divine.
In
“Redefined” il rifframa è quello di
Michael Romeo, così come nella successiva
“Rise Of Droids”, terzinato epico e apocalittico complessivamente riuscito. Il breve interludio dal carattere ibrido
“Mark Of The Enemy” sfocia in
“The Prototype” - che deve ancora molto ai
Symphony X - prima della più propriamente progressiva e melodica
“Not The End”. C’è tanta voglia di
Evergrey nella dark-ballad
“Warmth Of Hope”, in antitesi con la grooveggiante e immediata
“Chaos Architect”.
“Indestructible” è l’assalto finale di un album pachidermico
(troppo lungo, ndr) che oltre a fare felici i fan delle band sopraccitate - secondo me - farà ben poco.
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