Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2001
Durata:42 min.
Etichetta:Steamhammer
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. FREEBASSING
  2. GROUNDMAN
  3. HARMS WAY
  4. HAVE DEMON, WILL TRAVEL
  5. THREEFIVENINE
  6. DUST PARADE
  7. SWAY
  8. OPEN SEASON
  9. STEEL SCALE

Line up

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Tornano dopo tre anni i Terrafirma, uno dei primi gruppi in campo europeo a meritarsi l'etichetta di stoner-band, che loro al contrario di altri non rifiutano a priori. Il protratto silenzio, interrotto soltanto da sporadiche partecipazioni a compilation tipo "In the groove", aveva fatto temere la prematura scomparsa dalle scene, invece dopo lunga riflessione gli svedesi si ripropongono al pubblico con un disco che mostra progressi e maturità artistica. Intendiamoci, nessun stravolgimento epocale, nessun cambio di rotta spiazzante, le linee stilistiche di Chritus e soci sono sempre quelle, molto metal con attitudine stoner e fondamentali influenze psycho-doom, ma risulta evidente il miglioramento del songwriting, la maggior cura dei singoli brani, lo sforzo per differenziare i pezzi e renderli meno monolitici rispetto al debutto omonimo. Una buona dimostrazione è l'intro strumentale "Freebassing" sognante arpeggio ad opera di Eugene (ex Unleashed) che prepara il terreno alla furente e poderosa "Groundman", brano d'assalto tra Black Sabbath e Cathedral, due canzoni che offrono un contrasto netto e stimolante. La title-track si muove invece sulle linee più tradizionali della band, doom metal dinamico, tutt'altro che catacombale, con soffi di melodia catchy nelle parti cantate. La palese somiglianza tra la voce dell'ex-singer dei Saint Vitus ed il madman Ozzy non basta a fare dei Terra Firma un gruppo banalmente derivativo, anzi lo stile si è ulteriormente personalizzato, per capirlo basta ascoltare l'azzeccata "Dust parade", veloce e ficcante, dura ma con linee armoniche di grande gusto.
Sullo stesso livello si pone "Threefivenine" dove sul ritmo cadenzato si trascina la malinconica voce di Chritus, con un mood vagamente evocativo. Il gruppo esce bene anche dalle situazioni più legate alle infiltrazioni psichedeliche come la "mistica" "Sway", lento di carattere e fascino spezzato dall'efficace acido assolo, e la lunga e ricercata "Have demon, will travel" (titolo credo ispirato dal noto racconto fantascientifico "Have suit, will travel"), brano pulsante e mordente con gran lavoro della sezione ritmica che nel finale si trasforma in un delicato esercizio acustico, forse la canzone più riuscita e matura. Completano il tutto la monolitica "Open season" che pare estratta dal primo album e la mini-suite "Steel scale", un altro massiccio e dilatato anthem doomeggiante dove si respira l'aria salubre degli "early '70". Un passo avanti per il quartetto svedese beniamino di Lee Dorrian, un disco che getta le basi per un eventuale capolavoro futuro, alla portata della band. Acquisto consigliatissimo.

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